martedì 31 ottobre 2017

Simon Joyner - Step Into the Earthquake (Ba Da Bing Records)


di Luca Salmini

A giudicare dalla smisurata mole di album, singoli ed EPs pubblicata negli ultimi 25 anni, sembrerebbe che le intenzioni di Simon Joyner siano quelle di stabilire un qualche primato: una smodata fecondità che in generale non sminuisce la qualità dell'opera o almeno non succede nel nuovo 'Step Into The Earthquake', ultima fatica di studio del prolifico cantautore di Omaha, Nebraska. Nonostante venga citato dai concittadini Bright Eyes come un'influenza ed in passato sia stato perfino scelto da Beck come uno dei suoi artisti prediletti, Joyner rimane ancora un fenomeno tutto underground, un cantautore troppo sopra o troppo sotto le righe per essere alla portata di tutti e troppo fuori dagli schemi per avere uno spiraglio nel mercato attuale, rimbalzato da un'etichetta all'altra senza mai scorgere un barlume di celebrità. Una caparbietà che gli fa onore e un'onestà intellettuale che rende Step Into The Earthquake quello che è: una poco omologata mescola di cantautorato lo-fi, sussulti indie-rock, sfumature Americana, sermoni blues e contemporaneo mal di vivere. 

Sulla carta un'inestricabile enigma, ma all'ascolto una formula che funziona e affascina con un minimo di attenzione per le tante sonorità oblique e con una certa empatia per le liriche inquietudini che animano la musica di Simon Joyner. Nonostante si possa discutere dell'innata inclinazione a perdere il senso della misura, a Simon Joyner non mancano le idee e l'estro per realizzarle come si intuisce chiaramente dall'ascolto di 'Step Into The Earthquake' e in particolare dai venti minuti straordinari di I Dreamed I Saw Lou Reed Last Night, una delirante omelia noisy e psichedelica che pare appunto concepita con in testa le frizioni soniche e il profondo malessere che esalano da un disco come White Light/ White Heat dei Velvet Underground. 

Non tutto Step Into The Earthquake suona così “out of our heads” e in gran parte mantiene una certa aderenza al formato canzone per quanto in un'ottica del tutto visionaria, almeno a giudicare dallo stordimento di una ballata vagamente coheniana come Hail Mary, dal country a brandelli di Annie's Blues, dall'Americana cosmica e drogata di I'm Feeling It Today, dallo struggimento di una caveiana e pianistica Flash Forward To The Moon o dal folk lisergico di una trasognata Earthquake

Facile perdere l'orientamento in un tale groviglio di chitarre elettriche e acustiche, di pianoforti e fruscii, violini e percussioni, tamburi e pedal steel ad accompagnare un canto che sembra quello di un Hank Williams strafatto e in piena estasi mistica, ma alla fine le canzoni sembrano sempre prendere il sopravvento, come succede in un'acustica Illuminations, nella malinconica serenata della splendida Galveston's Blues, in un malato blues come Daylight o nello scintillante dondolio country-rock di una elettroacustica I'll Fly Away. Come avesse mandato a memoria il Lou Reed più stravolto citato nella traccia conclusiva, il Bob Dylan più astratto di Blonde On Blonde e perfino le stupefacenti ballate di Alexander “Skip” Spence, Simon Joyner è un talento ancora tutto da scoprire e 'Step Into The Earthquake' uno di quei dischi che si potrebbero sentire per una vita intera senza che la meraviglia suscitata dalle canzoni smetta di abbagliare l'ascoltatore. (7/10)