Il primo evento internazionale nel programma settembrino del bel live club di Carlo Prandini porta sul palco la coerenza rock di Dan Baird, 64enne ex-leader di quei Georgia Satellites che per un buon decennio furono tra i migliori rappresentanti del rock'n'roll a stelle e strisce, piazzando tre album ai piani alti delle classifiche ed infiammando i palchi con esibizioni muscolari e prive di fronzoli, fino a che il Nostro non decise di dedicarsi a una carriera solista per la quale a breve celebrerà l'anniversario dei 30 anni.
Baird si presenta a Cantù accompagnato dai fedelissimi Homemade Sin, tra le cui fila militano il vecchio compagno di avventure coi Satellites Marco Magellan alla batteria, il pittoresco Warner E.Hodges (da Jason & The Scorchers) alla chitarra e l'ipercrinito bassista Sean Savacool. Una band dal suono solido e potente, tanto compatta nel far deflaglare le sventagliate elettriche dei brani più rock di Baird quanto precisa nell'assecondare le dinamiche delle ballate e dei brani più tendenti alla jam. Gli strumenti sono quelli che ci si aspetta di trovare tra le pagine di un bignami del rock americano: Gibson, Fender e Ludwig. Baird imbraccia la fidata Danocaster, chitarra del liutaio Dan Strain che da qualche tempo sostituisce nelle esibizioni live la preziosa Fender Esquire che fu di Steve Marriott.
Dopo essersi sistemato il top hat d'ordinanza, il Nostro mette subito le cose in chiaro: saranno due ore tirate di sano rock, con una set list equamente divisa tra brani nuovi e successi del passato. Ecco dunque alternarsi composizioni storiche come I Love You Period, Julie + Lucky e Crooked Smile e brani più recenti, come Bust Your Heart o Something Better, dal nuovo album 'Screamer' (JCPL Records), fresco di pubblicazione. Tra riff poderosi e fervore elettrico, con Hodges che si diverte a lanciare in spin la propria chitarra mentre si esibisce in spericolati assoli, e Baird che dimostra di non avere perso né un grammo di carisma né l'inconfondibile voce con quella sua mediosa strafottenza, la serata fila come un treno, per la gioia del numeroso pubblico sotto il palco, tra scorribande rock, citazioni zeppeliniane, derive southern e ballate straccia-mutande.
Personaggi come Baird e soci sono autentici libri di testo viventi per tutti i musicisti che si approcciano al sano vecchio rock; hanno ancora molto da insegnare e, disco dopo disco, tengono degnamente in vita quel dinosauro che tutti i critici musicali danno ormai per estinto ma che quando meno te l'aspetti assesta colpi di coda devastanti, come quello di ieri. Gran serata.