martedì 29 gennaio 2019

Recensioni Brevi: Six Mile Grove, Júníus Meyvant

Six Mile Grove - Million Birds (Renas Kitchen)













Con soli sette album pubblicati in ventuno anni di carriera discografica, non si può certo affermare che il quintetto dal Minnesota sia il combo più prolifico del movimento Alt-Country; di sicuro possiamo considerarlo uno dei più apprezzabili per coerenza e continuità nella proposta. Roots-rock, Americana, chiamatela come volete, la musica dei Six Mile Grove è questo: un condensato apprezzabile di rock venato di country, con qualche sfumatura folk. Non aspettatevi dunque un viaggio nella sperimentazione sonora più estrema, ma gustatevi questo bell'album nel quale le chitarre la fanno da padrone, con solide armonie vocali, un gusto apprezzabile per le ballate e, cosa più importante, una manciata di canzoni oneste e ben scritte. Per chi rimpiange i bei tempi all'esordio del movimento No Depression o addirittura certi stilemi del Paisley Underground, questo è un lavoro capace di rinverdire i fasti dell'epoca, dando parecchie soddisfazioni. Un disco che chi scrive farebbe ascoltare a quelli che ciclicamente, con presuntuosa sicumera, danno il rock per morto e sepolto. (7,5/10)



Júníus Meyvant - Across The Borders (Record Records)

La piccola Islanda è da sempre una fucina di talenti inesauribile: non c'é paese nella vecchia Europa che possa vantare una presenza di artisti altrettanto alta in proporzione al numero di abitanti. Se da decenni ci siamo abituati a sentir parlare di Sigur Ròs, Björk e discendenti assortiti, un soul singer ancora mancava all'appello; ecco dunque Unnar Gìsli Sigurmundsson aka Júníus Meyvant andare ad occupare la posizione vacante con questo bell'album, secondo in carriera, che in alcuni momenti pare uscito dai vecchi studi Motown, per le atmosfere vintage ma soprattutto per l'uso di orchestrazioni che richiamano i grandi classici dell'etichetta del Michigan, sebbene adeguatamente inserite in un tessuto sonoro con ampi slanci verso la modernità, e sta tutta qui la forza del disco. Dopo un piccolo straniamento iniziale, la naturalezza con cui Meyvant interpreta i brani fa scorrere l'album in maniera fluida, e ci porta ad attendere ogni traccia con curiosità. Sulle alte, la voce del nostro deve qualcosa a Rod Stewart, per il timbro, quella pasta un po' sgranata e quel graffio, fin troppo riconoscibili, ma nel corso del disco possiamo apprezzarne le sfumature. C'è qualche momento un po' ridondante negli arrangiamenti di archi e ottoni ma per il resto il disco si fa ascoltare con piacere, una bella sorpresa. Brani migliori: Love Child, Let It Pass, Carry on with Me. (7/10)