lunedì 26 gennaio 2009

Slide Hampton Quintet & Frank Wess – Aperitivi in Concerto - 25/01/09


Doveva essere il grande ritorno sui palcoscenici italiani, in compagnia di una band strepitosa, per David “Fathead” Newman, sassofonista tra i più importanti della vecchia guardia, collaboratore storico di Ray Charles ed Herbie Mann; l'Aperitivo in Concerto del 25 Gennaio 2009 al Teatro Manzoni si è invece trasformato in un omaggio al 75enne musicista texano, deceduto il 20 dello stesso mese dopo lunga battaglia contro un tumore al pancreas.


Salito sul palco in perfetto orario, il piano-trio formato da Kirk Lightsey (pianoforte), Reggie Johnson (basso) e Alvin Queen (batteria) parte un po' in sordina, faticando a carburare nell'intro strumentale, complice probabilmente l'emozione, palpabile durante tutto il concerto.

Un boato del pubblico accoglie l'ingresso in scena di Frank Wess (sax, flauto) e Slide Hampton (trombone), rispettivamente classe 1922 e 1932, decisi a dedicare un saluto affettuoso all'amico scomparso, guidando il trio verso una performance da ricordare.


L'omaggio arriva presto, con Hard Times, brano originariamente composto da Ray Charles, rivisto in chiave hard bop nell'arrangiamento dell'album Fathead: Ray Charles Presents David Newman (1968). Ottima l'interpretazione di Hampton e Wess, il pezzo cresce lasciando il giusto spazio all'improvvisazione dei musicisti, rientrando sull'inciso in maniera magistrale, per un finale grandioso.

 

Frank Wess, tanto fragile nel fisico quanto intenso nel fraseggio, ha raccolto la simpatia del pubblico, regalando grandi prove al contralto. A Time For Love (dal repertorio di Johnny Mandel) lo vede assoluto protagonista, con stile e gusto che pochi sassofonisti possono permettersi. 

Hampton non gli è da meno, fa il padrone di casa presentando brani e musicisti, gigioneggia sapientemente e regala una sapida prova solista con Lament (J.J.Johnson).


Lover Man (Jimmy Smith) e Billie's Bounce (Charlie Parker) danno modo alla band di esprimersi al meglio, sia in gruppo, sia a livello solista, con un ottimo lavoro di Reggie Johnson, eccezionale per dinamiche e tecnica.

Caravan, celeberrimo brano di Duke Ellington, permette infine ad Alvin Queen di mostrare le doti che lo hanno portato a suonare con tutti i migliori jazzisti in circolazione; il suo drumming nervoso e chiaramente influenzato da Art Blakey ed Elvin Jones ha strappato applausi a scena aperta.


Richiamati a gran voce sul palco i cinque musicisti pagano ancora una volta tributo a Newman, riproponendo come bis Hard Times, in un'interpretazione ancora più sentita.

Uno splendido modo per ricordare l'ennesimo grande del jazz che ci ha lasciato ed una grande lezione di stile e bravura da parte di un eccezionale quintetto. 

So long, David.