di Chris Airoldi
'Princess Diana' si apre con Remember I Was Movies, brano sorretto da ritmica statica sulla quale i due edificano trame acustiche che si arricchiscono di battuta in battuta e belle armonie vocali che profumano di anni '60. Il pezzo ha una semplicità di fondo che lo fa arrivare chiaro e diretto da subito, ma con più ascolti si può apprezzare il bel lavoro di arrangiamento, per un brano che piacerebbe molto a Wes Anderson. We're Seagulls prosegue sulla strada dell'immaginario cinematografico, con una chitarra up-tempo da folk anni '50 ben coadiuvata da un banjo e immersa in un universo sonoro che ci catapulta direttamente tra le vecchie soundtrack dei B-Movie americani, con tanto di theremin, organetto, chitarra elettrica oscura e inquietante, e ritmica swampy; un po' come se al famoso crocicchio si incontrassero per far musica Jack Arnold, Roger Corman, Johnny Cash e Lennon/McCartney.
Matchstick Man è un brano dall'andatura svelta, con una ritmica strampalata e un basso ossessivo sui quali il duo inserisce le traiettorie oblique di chitarre e organetto, molto coinvolgenti, fino ad arrivare ad un bell'intermezzo che scomoda i Beach Boys, altro gran brano. C'é una freschezza pop che rende il lavoro meno derivativo di quanto possa sembrare; le influenze sono chiare ma la scelta di lavorare sui brani con molta libertà espressiva rende il tutto godibile e fa filare via il disco in maniera fluida e piacevole. Con A Silly Horror Song siamo dalle parti degli Appalachi, con una chitarra e un bel lavoro corale, fino all'ingresso della ritmica sintetica che arricchisce il brano senza apparire fuori posto: il folk si ibrida con le sonorità lo-fi dei sequencer e il risultato è davvero notevole.
Antropophagus è il brano nel quale appare il già citato Bonnie "Prince" Billy; è in effetti il più americana per atmosfere e sonorità, sebbene sia caratterizzato da uno sviluppo armonico che riporta al folk-rock britannico dei primi anni '70, con le ennesime belle armonie vocali e un ottimo lavoro di arrangiamento. Ci spostiamo invece sulla frontiera per la seguente The Night You Stole My Gun, composizione dal ritmo latineggiante con slide d'ordinanza, languido organo, chitarra elettrica twangy, voce riverberata e la voglia di creare una musicalità visionaria. L'intermezzo sorretto dalla classica ritmica alla Hal Blaine di Be My Baby sigilla questo piacevole pastiche. Teddy parte spedita, con batteria saltellante e voci ad inseguirsi, per poi avventurarsi in percorsi psichedelici che, tra testo e musica, farebbero felice il compianto Syd Barrett.
Rimaniamo su territori stranianti con la seguente People Who Don't Know They're Dead (How They Attach Themselves to Unsuspecting Bystanders and What to Do About It), composizione per organo, synth e voci di stampo sci-fi, bellissima per chi scrive, strana e particolare, molto affascinante. La seguente It's Harder To Try è una ballad acustica di stampo classico con belle sonorità e uno sviluppo melodico non canonico, quasi una versione folk dei Radiohead. Chiude il disco il manifesto programmatico The Mañana People Fight the Undead, altra ballata con la chitarra in picking su un crescendo drammatico fatto di stop e ripartenze, voci sugli scudi e un sapore vintage irresistibile. Una gran bella sorpresa in questo inizio d'anno già ricco, The Mañana People sono un gruppo da tenere d'occhio e questo disco ce li mostra in tutte le loro multiformi e cinematiche sfaccettature. (8/10)