venerdì 31 luglio 2020

Cory Wong - Trail Songs: Dusk (Roundwound Media)


di Chris Airoldi

Straordinario chitarrista con una bella serie di collaborazioni eccellenti a curriculum, noto ai più principalmente per il lavoro svolto sul palco di Vulfpeck e Fearless Flyers, Cory Wong abbandona momentaneamente la vena funk e sincopata che lo ha reso celebre, per addentrarsi in un progetto che lo vedrà pubblicare a distanza di poche settimane uno dall'altro due brevi album, per certi versi speculari -il secondo si intitola infatti 'Trail Songs: Dawn'-, coi quali si propone di allineare tutte le sfaccettature del proprio linguaggio sonoro, evidentemente non solo caratterizzato dai virtuosismi sulla Stratocaster, ma in questo caso epigono di un folk acustico con velleità orchestrali, decisamente interessante, lontano anni luce da ciò a cui il suo nome viene generalmente associato.

'Dusk' è dunque un album nel quale regnano le atmosfere acustiche strumentali, dettate da una chitarra pizzicata, accarezzata con intima delicatezza e circondata da archi pastorali e languidi, forse in alcuni casi un po' manieristici, ma resi gradevoli da una sorta di innocenza di fondo, che aggiunge sincerità ad un progetto di certo non nato per cercare i favori delle classifiche. Ne è esempio lampante il brano di apertura, Tomorrow and Forever, piccolo affresco costruito a partire da un picking quasi incerto, sul quale viole e violini tracciano evoluzioni ora a rinforzo, ora verso traiettorie deviate, con un crescendo centrale che mette in mostra oltre alle ottime doti di chitarrista acustico di Wong anche quelle di arrangiatore, che non si limita solo ad imbastire un'orchestrazione drammatica per il pezzo.

In First Time I Saw the Milky Way, Wong crea un'introduzione mantrica, con chitarra circolare, piano sussurrato e piccoli solismi di requinto, che dopo un breve stop trasfigurano in un brano dal ritmo sostenuto, con andamento sincopato, non originalissimo ma molto godibile. La seguente One Man's Treasure è una composizione breve, costruita su un bell'arpeggio di chitarra, con gli archi che battuta dopo battuta crescono di importanza, e la voce di Phoebe Katis a moltiplicarsi in un variopinto tessuto corale che dona al brano un denso inprinting mistico.

The Life Cicle of a Butterfly è caratterizzata da un'atmosfera iniziale decisamente più malinconica rispetto a quella dei brani che l'hanno preceduta. Le poche note di piano si sovrappongono agli archi nella descrizione sonora della vita di una farfalla, per un brano che riporta a certe atmosfere di un gigante della chitarra acustica come Bert Jansch, ma che resta in bilico tra lirismo e manierismo. La successiva Aurora è invece più meditativa, giocata sui fraseggi e ben sostenuta dalla sezione archi, con violino e viola a prendersi piccoli spazi solistici apprezzabili. Anche in questo caso si percepiscono sapori che riportano al folk acustico degli anni '70, soprattutto nel botta e risposta centrale tra chitarra e archi.

Trail End conclude il viaggio all'apparire delle prime luci dell'alba, con le delicate evoluzioni delle corde e un ampio respiro nel generale andamento tenue; uno sguardo di speranza per un disco concepito in pieno lockdown, che ovviamente riflette le atmosfere del periodo in cui è stato composto. Discorso a parte merita la rilettura della immortale Blackbird di Lennon/McCartney, brano ovviamente rischioso: Wong lo porta a casa discretamente, non allontanandosi dalle atmosfere beatlesiane originali, ma presentandolo con innocenza ed onestà, aggiungendo solo una dose di ritmo che non intacca lo spirito del brano. Forse inserire un'altra composizione originale sarebbe stata una scelta più azzeccata, ma in fin dei conti è un omaggio che non sfigura in questo lavoro pulito e gradevole, che ci mostra un lato di Wong che speriamo non resti confinato in un espisodio isolato. (7/10)

Molto interessante il video di presentazione dell'album, pubblicato in diretta lo scorso 11 Luglio da Wong sul proprio canale YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=3p0Tfsanp60