domenica 9 dicembre 2018

Jon Spencer - Spencer Sings The Hits (In The Red/Goodfellas)


 di Luca Salmini

“...Ti dico cosa c'è di sbagliato nel rock di oggi...E' musica per persone adulte, è rispettabile, è perbene, è arte ed è tutto quel genere di cose. Ciò è positivo per la musica, ma la gente non capisce la differenza tra rock'n'roll – che è stile di vita, è moda, è musica, è un'amplesso, è un sacco di cose - e “rock”, che è solamente musica...”: non sono rimasti in molti oggi a pensarla come Lux Interior dei Cramps, ma di certo Jon Spencer è tra questi, almeno a giudicare dallo psicotico rifferama che riempie il suo esplosivo debutto solista 'Spencer Sings The Hits'. 

Da quando raschiava la sporcizia dai bassifondi con i Pussy Galore fino al successo conquistato dai Blues Explosion nei tardi anni '90, senza contare la parentesi anni '50 degli Heavy Trash e l'affare di famiglia Boss Hog, Spencer ha sempre trattato il rock'n'roll come una questione di vita o di morte, con una devozione che non è mai venuta meno, nemmeno ora che lo spirito non è più quello di un adolescente e le giunture non hanno più l'elasticità di un tempo. Messa da parte la sigla Blues Explosion dopo il caotico 'Freedom Tower – No Wave Dance Party' del 2015, Spencer ne rifonda un surrogato per questo debutto a proprio nome, arruolando Sam Coomes dei Quasi e il batterista M. Sord, per rispolverare tutta l'euforia degli esordi e quell'approccio grezzo, nevrastenico e selvaggio che faceva suppore ci fosse in ballo una rivolta: materiale che non poteva che attrarre l'attenzione della In The Red Recordings, l'etichetta che aveva tenuto a battesimo alcuni dei primi singoli della band. 

Per questo 'Spencer Sings The Hits' suona da un lato come un ritorno alle origini, quando la febbre del rock'n'roll si insudicia con il frastuono del punk e le canzoni prendono la deriva di malsani e esaltati sproloqui da ospedale psichiatrico, come succede nelle isteriche sfuriate elettriche di Do The Trash Can e della nevrotica scheggia I Got The Hits, in anfetaminici boogie come Overload o blues degenerati come Time 2 Be Bad; dall'altro pare quasi recuperare i momenti migliori delle passate esperienze quando partono incandescenti funky come Hornet e Wilderness, sovraccarichi rhythm'n'blues come Love Handle o allucinati country&western come Cape. Sarà forse tutta una questione di feeling o di istinto, ma a cinquant'anni suonati Jon Spencer pare ancora il più cool tra i Peter Pan del rock e questo 'Spencer Sings The Hits', che incarna tutto quello che Lux Interior pensava rappresentasse il rock'n'roll, ha tutta l'aria di uno di quei dischi che per un motivo o per un altro non possono passare inosservati. (7,5/10)