di Luca Salmini
“...Ti dico cosa c'è di sbagliato nel rock di oggi...E' musica
per persone adulte, è rispettabile, è perbene, è arte ed è tutto
quel genere di cose. Ciò è positivo per la musica, ma la gente non
capisce la differenza tra rock'n'roll – che è stile di vita, è
moda, è musica, è un'amplesso, è un sacco di cose - e “rock”,
che è solamente musica...”: non sono rimasti in molti oggi a
pensarla come Lux Interior dei Cramps, ma di certo Jon Spencer è tra
questi, almeno a giudicare dallo psicotico rifferama che riempie il
suo esplosivo debutto solista 'Spencer Sings The Hits'.
Da
quando raschiava la sporcizia dai bassifondi con i Pussy Galore fino
al successo conquistato dai Blues Explosion nei tardi anni
'90, senza contare la parentesi anni '50 degli Heavy Trash e l'affare
di famiglia Boss Hog, Spencer ha sempre trattato il rock'n'roll come
una questione di vita o di morte, con una devozione che non è mai
venuta meno, nemmeno ora che lo spirito non è più quello di un
adolescente e le giunture non hanno più l'elasticità di un tempo.
Messa da parte la sigla Blues Explosion dopo il caotico 'Freedom
Tower – No Wave Dance Party' del 2015, Spencer ne rifonda un
surrogato per questo debutto a proprio nome, arruolando Sam Coomes
dei Quasi e il batterista M. Sord, per rispolverare tutta
l'euforia degli esordi e quell'approccio grezzo, nevrastenico e
selvaggio che faceva suppore ci fosse in ballo una rivolta: materiale
che non poteva che attrarre l'attenzione della In The Red Recordings,
l'etichetta che aveva tenuto a battesimo alcuni dei primi singoli
della band.
Per questo 'Spencer Sings The Hits' suona da un lato
come un ritorno alle origini, quando la febbre del rock'n'roll si
insudicia con il frastuono del punk e le canzoni prendono la deriva
di malsani e esaltati sproloqui da ospedale psichiatrico, come
succede nelle isteriche sfuriate elettriche di Do The Trash Can
e della nevrotica scheggia I Got The Hits, in anfetaminici
boogie come Overload o blues degenerati come Time 2 Be Bad;
dall'altro pare quasi recuperare
i momenti migliori delle passate esperienze quando partono
incandescenti funky come Hornet e Wilderness,
sovraccarichi rhythm'n'blues come Love Handle o allucinati
country&western come Cape. Sarà forse tutta una questione
di feeling o di istinto, ma a cinquant'anni suonati Jon Spencer pare
ancora il più cool tra i Peter Pan del rock e questo 'Spencer
Sings The Hits', che incarna tutto
quello che Lux Interior pensava rappresentasse il rock'n'roll,
ha tutta l'aria di uno di quei dischi che per un motivo o per
un altro non possono passare inosservati. (7,5/10)