di Chris Airoldi
A sei mesi dall'ottimo 'Deafman Glance' il talentuoso cantautore dall'Illinois riprende posto sugli scaffali dei negozi con quella che, al momento dell'annuncio, in tanti avevano considerato poco più che una boutade da social network: una rivisitazione in toto di quelle fantomatiche 'Lillywhite Sessions' che la Dave Matthews Band mise in calendario tra il 1999 e il 2000 allo scopo di dare un seguito al riuscito 'Before These Crowded Streets' (1998), ma finirono per portare Matthews e soci ad un passo dallo scioglimento, e che ancora oggi qualcuno considera il meglio della produzione in studio della band. Grazie all'intraprendenza di alcuni fans le session diventarono in breve pubbliche, tanto da costringere la band a chiudere entrambi gli occhi, accettandone la diffusione virale ormai divenuta inarrestabile.
I brani, considerati all'epoca dalla label e da alcuni dei componenti del gruppo troppo cupi e intrisi del pessimismo alterato dai fumi dell'alcool del leader, vennero poi ripresi ed inseriti in opere successive, quando la band si trovò a dover recuperare il passo falso pop di 'Everyday', album prodotto in soli sette giorni con Glen Ballard, risposta scialba ed affrettata alle difficili session con Steve Lillywhite. Ryan Walker, da sempre die hard fan della band, ci ha tenuto subito a specificare che questa ripresa è un omaggio sentito e non un "fuck you record"; da lungo tempo progettava infatti di rivisitare completamente uno dei lavori della band dalla Virginia e quando la Dead Oceans, confortata dal buon risultato di 'Deafman Glance', gli ha fatto capire che ci sarebbe stato il budget per realizzare l'impresa, non se l'è lasciato ripetere due volte.
Entrato in studio con il fidato bassista Andrew Scott Young e l'eccezionale batterista Ryan Jewell, in pochissimo tempo ha ri-arrangiato 12 brani facenti parte delle session, talvolta avvicinandosi alle versioni originali, in altri casi stravolgendole completamente. Ne è uscito un lavoro molto interessante che, seppur non scevro dai limiti propri dei cover album, ci mostra chiaramente la bontà delle composizioni, esaltandone la cupa malinconia esistenziale ma anche le notevoli dinamiche musicali, tra spunti di grande qualità stilistica, virtuosismi mai spinti all'eccesso e interpretazioni convincenti. In qualche momento la sperimentazione pare inoltrarsi in territori fin troppo tortuosi, pensiamo a brani come Monkey Man o Sweet Up And Down, ma il mood generale dell'album non è mai pesante o involuto.
L'interpretazione di Walker in alcuni episodi è chiaramente figlia della particolare vocalità di Matthews (Big Eyed Fish, Grace is Gone, JTR), mentre risulta più libera di esprimersi, soprattutto nei brani il cui arrangiamento si discosta maggiormente dall'originale, come Captain, Bartender, Raven o Busted Stuff. Come detto Walker e soci hanno colto al volo l'occasione offerta dalla Dead Oceans, e la scelta di riprendere queste session oscure e dalla storia travagliata si è rivelata vincente (in partenza Walker aveva ipotizzato di rivisitare il fortunato 'Crash'), regalandoci un lavoro certo non semplice al primo ascolto, ma nel quale la grande perizia tecnica e l'eccezionale capacità interpretativa del trio forniscono nuova linfa alle composizioni. Un disco che pensiamo piacerà sia ai fans di Walker sia a quelli della DMB ma potrà soddisfare anche coloro che non hanno dimestichezza con le discografie di entrambi. (7,5/10)