giovedì 6 aprile 2017

Recensioni brevi: Andrew Combs, Sean Rowe

Andrew Combs - Canyons Of My Mind (New West)

Le atmosfere di questo terzo album firmato dal trentenne cantautore texano, sono ben rappresentate dalle foto interne e di copertina, nelle quali il nostro è raffigurato in solitudine, inserito in paesaggi bucolici e tenui, virati di una malinconia che è ben palpabile anche negli undici brani della raccolta.
Se nel precedente album, All These Dreams (Coin, 2015), Combs manifestava ancora una certa indecisione stilistica, in questo nuovo lavoro si percepisce una maggiore coesione tra i brani, con sapori soft-rock anni '70 ben miscelati con le più moderne sonorità indie-rock, senza trascurare una lieve vena pop. Combs è in grado di scrivere autentiche gemme, come il sognante singolo Dirty rain, brano nel quale abilità compositiva, senso dell'arrangiamento ed interpretazione si uniscono perfettamente, ma anche pezzi più energetici, come la terzinata Bourgeois king, splendida composizione dall'andamento discontinuo, con un testo strettamente legato all'attualità. Altri brani che meritano una menzione sono l'evocativa Hazel, la folkeggiante Rose colored blues e l'elaborata Streetwalker. Andrew Combs porta a casa un disco di valore, che fa di lui uno dei musicisti da seguire con attenzione nel prossimo futuro. (8/10)



Sean Rowe - New Lore (Anti)


Dotato di una vocalità baritonale molto particolare e riconoscibile, il newyorchese Sean Rowe è un cantautore atipico, la cui proposta musicale nasce come vigoroso neo-folk, per abbracciare sapori soul e gospel. Con una solida gavetta alle spalle, Rowe entra in studio per questo quinto album, in compagnia del pluripremiato produttore e ingegnere del suono Matt Ross-Spang (Chris Isaak, Rival Sons, Jason Isbell), grazie al quale gli arrangiamenti prendono una direzione tutta particolare. La bella voce cavernosa del nostro è inserita in un tessuto sonoro arricchito da archi e voci femminili che danno al disco una vitalità inaspettata, elevando le composizioni minimali e intimiste dell'autore verso una forma-canzone dal grande impatto emotivo. Il disco contiene dunque brani molto interessanti, come l'iniziale Gas station rose, indie-pop di qualità nella quale Rowe dà subito prova delle sue capacità di vocalist, Promise of you, gospel ballad pianistica, dal testo molto toccante, I can't  make a living from holding you, altra ballatona dal sapore seventies, e You keep coming alive, dalle sonorità più sperimentali. La voce in alcuni momenti fatica a reggere il pathos dei brani, risultando monocorde, aspetto che comunque non scalfisce la qualità generale dell'album. (7,5/10)