mercoledì 10 maggio 2017

BNQT - Volume 1 (Bella Union)


Si scrive BNQT e si pronuncia Banquet, il moniker dietro cui si cela una formazione ad otto elementi, quattro dei quali provenienti dai texani Midlake: Eric Pulido, McKenzie Smith, Joey McClennan e Jesse Chandler. Ben Bridwell (Band of Horses), Fran Healy (Travis), Alex Kapranos (Franz Ferdinand) e Jason Lytle (Grandaddy), completano un combo che vede la bellezza di cinque cantanti solisti avvicendarsi al microfono, motivo per cui, democraticamente, il disco contiene dieci brani, due a testa. Il progetto è stato fortemente voluto da Eric Pulido, il quale lo ha definito con ironia "a poor man's version of the Traveling Wilburys", e concepito nello studio dei Midlake, nella natìa Denton.

Le sonorità si ispirano al rock anni '70, tra glam, psichedelia ed FM, con ampio uso di armonie vocali, distorsioni di grana grossa e sapori vintage, in un mix di ispirazioni che va dai 10cc all'Electric Light Orchestra,  fino agli immancabili Beatles. Apre le danze Restart, sorta di blues rock sotto steroidi firmato da Pulido, con chitarra distorta, batteria sincopata e un bel ritornello corale. Nell'andamento ricorda vagamente The old and the young, dall'ultimo lavoro dei Midlake (Antiphon, 2013). Ben Bridwell si presenta con Unlikely force, brano con piano e tastiere in grande spolvero, fiati e voci in quantità, meno interessante della precedente ma godibile.

100 Hundred million miles è un interessante mash-up di stili, tra i Grandaddy dell'autore Jason Lytle e i Midlake, la cui struttura si articola in due sezioni: una strofa molto ritmata dai profumi brit che vira, nel ritornello, verso un 4/4 lento psichedelico con bei suoni di tastiere e un buon assolo centrale di chitarra e synth, sostenuto da un epico tappeto d'archi. Fran Healy estrae dalla custodia la chitarra acustica e confeziona Mind of a man, un brano con diversi cambi di atmosfera, leggero nei versi e più strutturato nell'inciso, solare e psichedelico, che pare omaggiare Brian Wilson. Bel brano, forse un po' appesantito nell'arrangiamento ma decisamente intrigante.

E' il turno di Alex Kapranos che, con voce scura e quasi sussurrata propone Hey Banana, composizione dal testo sconclusionato con begli arpeggi di chitarra a dodici corde e un mood che fa pensare alla sigla di un serial poliziesco degli anni '60. Anche in questa occasione si fa ampio uso di arrangiamenti orchestrali. Ritorna Pulido, con Real love, brano ancora in orbita british, con una chitarra chiaramente in debito con George Harrison, una tromba che pare uscita da Penny Lane ed abbondanti dosi di organo. Falling at feeling, secondo sforzo compositivo di Lytle, è una ballata pianistica con la psichedelia inglese nel cuore, che fa da intro al rock ruffiano di LA on my mind, pezzo che pare una b-side degli ELO, firmato da Healy, forse il meno interessante del lotto.

Tara, di Ben Bridwell, si apre come una ballata epica, con chitarre, percussioni e un andamento che riporta alla west-coast. Bello l'intermezzo in crescendo che scivola verso un fluido solo di chitarra e un finale caotico con tutta la band a dare il meglio; un pezzo che anni fa avremmo definito "da autoradio". Il disco si chiude con la lunga ballad Fighting the world, scritta da Kapranos, e caratterizzata da un bell'arrangiamento con batteria in stile Abbey Road, voci delicate e un synth affascinante, seppure un filo invadente. Su tutto la bella voce di Kapranos, il quale interpreta sapientemente il brano, mostrando le proprie doti, un po' nascoste nel brano precedente. 
Un disco un po' fuori dal tempo, certamente divertente e godibile, con alcune cose molto interessanti ed altre meno eclatanti. Ora, viste le premesse, attendiamo il Volume 3. (7,5/10)