venerdì 3 febbraio 2017

Tift Merritt - Stitch Of The World (Yep Roc)



Sesto lavoro in studio per la cantautrice dal North Carolina, per l'occasione accompagnata da una band eccezionale che vede i fidati Marc Ribot ed Eric Heywood alle chitarre, Jennifer Condos al basso e Jay Bellerose alla batteria. Ospite d'eccezione l'amico di vecchia data Sam Beam (Iron & Wine), impegnato anche nella produzione dell'album.

La Merritt è una cantautrice dalla buona penna, dotata di una voce molto pulita che riporta alla mente Joni Mitchell ed Emmylou Harris; al suo attivo ha collaborazioni di tutto rispetto, basti pensare che nei precedenti lavori alla consolle sedevano Ethan Johns, Tucker Martine e George Drakoulias, coadiuvati da una pletora di musicisti del calibro di Benmont Tench, John Convertino, Mike Campbell, Robert Randolph e Charlie Sexton, giusto per elencarne alcuni.

Nonostante il coinvolgimento di questa schiera di grandi nomi, i dischi successivi all'apprezzato esordio Bramble Rose (Lost Highway, 2002), pur mostrando una buona crescita a livello compositivo e di ricerca sonora, non raccolsero il successo commerciale che ci si attendeva. La Merritt ha raggiunto un buon status di popolarità, aprendo i concerti di Joan Baez, Elvis Costello, Gregg Allman, Iron & Wine ed altri, ed apparendo in show televisivi e radiofonici.

Stitch Of The World prova dunque a rimettere le carte in tavola, inanellando una manciata di buone canzoni ben suonate e interpretate dall'autrice e dai suoi pard col piglio giusto. La presenza di Bellerose dà brio e originalità alle parti ritmiche e crea una solida base sulla quale Ribot ed Heywood possono costruire paesaggi sonori molto interessanti. In particolare è la steel guitar di Heywood a fare la parte del leone pressoché in ogni brano, caratterizzando le sonorità dell'album.

Sono le ballate più intime a fare la differenza, anche in funzione della vocalità della Merritt, che nelle situazioni più tendenti al rock, sebbene i pezzi siano costruiti attorno alla sua ugola, pare perdere il confronto con i musicisti. Tra tutte spicca sicuramente quella che dà il titolo all'album, forte di splendidi intrecci chitarristici, di un gran lavoro percussivo di Bellerose e della presenza lieve della voce di Tift. Altro ottimo brano è Icarus, lirico e soffuso, con pianoforte e una languida melodia vocale che portano alla mente la miglior Tori Amos, finale in crescendo, molto bello.

Sopra la media anche My boat, Wait for me e Eastern light e i tre pezzi conclusivi acustici in coppia con Sam Beam. Come detto, c'é qualche perplessità sui brani in cui gli strumenti spingono sulle dinamiche, a discapito della voce, come nell'iniziale Dusty old man e soprattutto in Proclamation bones. In definitiva siamo comunque di fronte ad un buon album, certamente migliore delle prove precedenti ma che probabilmente manca ancora di quei due-tre brani forti che potrebbero far fare alla Merritt il proverbiale salto di qualità.