martedì 14 febbraio 2017

Son Volt - Notes Of Blue (Thirty Tigers)


A ventitrè anni dallo scioglimento degli Uncle Tupelo, l'eredità della band che più di tutte rappresentò le istanze dell'Alternative Country resta saldamente nelle mani di Jay Farrar e dei suoi Son Volt. Se i Wilco dell'ex-socio Jeff Tweedy hanno rivoltato più volte le carte in tavola, all'inseguimento di una sperimentazione sempre di alto livello, ma con una volontà di spaziare tra i generi che spesso ha reso poco coeso il loro percorso artistico, Farrar e compagni, più concretamente, hanno proseguito nella definizione del suono Americana.

Lo hanno fatto pubblicando otto album in ventidue anni, prendendosi una pausa di riflessione tra il '99 e il '05 e subendo forti sconvolgimenti nella line-up; tranne il solo Farrar, gli avvicendamenti hanno riguardato tutti i musicisti. Tutto questo mantenendo una continuità nella proposta musicale che fortunatamente li ha tenuti lontani dagli stereotipi che spesso affollano il genere o portano le band a ricercare un consenso AOR che degenera in macchietta.

Questo album è stato presentato come una sorta di svolta verso il blues per Farrar e soci, nelle note destinate alla stampa sono stati inseriti i nomi di Skip James, Mississippi Fred McDowell e, sebbene gli stilemi delle dodici battute facciano capolino in alcuni pezzi, anche grazie ad un uso della slide accentuato, il mood del disco è ampiamente nei canoni della band: rock di grana grossa con suoni fuzzy e crunchy molto spinti, ballate sognanti e country riveduto e corretto, con la caratteristica voce strascicata e dolceamara di Farrar in primo piano.

Ne risulta un lavoro molto eterogeneo, spesso potente, con pezzi tosti come Solid e Lost souls, nei quali le chitarre possono lasciarsi andare ad accordi distorti e granitici riff. Come detto il blues affiora in brani quali il sincopato stomp Cherokee St e nella tirata Sinking down, boogie alcoolico che si trasforma in ballata younghiana, oppure nella notturna Midnight, con la voce filtrata e la ritmica distante a creare un'atmosfera da desertico modern-blues. Nel lotto spiccano anche il più rassicurante country soul di Promise the world e il jangle in REM-style di Back against the wall.

Un album vario, coerente col percorso di Farrar, il quale non fa dell'originalità il suo punto di forza ma riesce comunque ad approcciare la grande tradizione musicale americana senza risultare sterilmente derivativo o privo di identità.