martedì 7 aprile 2009

Pierre Favre - Istituto Svizzero, Milano - 06/04/2009


Location infelice quella predisposta per l'esibizione di uno dei musicisti europei più originali e innovativi. La sala situata all'interno dell'Istituto Svizzero di via Vecchio Politecnico è risultata inadatta ad ospitare sia le sonorità di un set percussivo così particolare, sia un pubblico non da grandi numeri, ma certamente superiore alle aspettative degli organizzatori.


Circa duecento persone stipate in una sala malamente attrezzata, con pochi posti a sedere ed una temperatura da clima tropicale che hanno scoraggiato un gran numero di spettatori, i quali hanno abbandonato la location dopo pochi minuti.

Un vero peccato, perché la performance “Poetry In Motion” del settantaduenne Pierre Favre avrebbe meritato sicuramente un ambito molto più importante.


Con il consueto enorme set di percussioni, comprendente una batteria con doppia cassa, un mastodontico tamburo, due enormi gong, djembé e darbouka, jam blocks, shakers e piatti di tutti i tipi, Favre ha letteralmente conquistato l'eterogeneo pubblico intervenuto con i suoi poliritmi ostinati, inseriti in uno spazio sonoro in continua mutazione, tra scene di ossessivo tribalismo ed escursioni in territori dispari quanto mai intricati e  complessi.


Utilizzando di volta in volta mani, bacchette, tubi ed altri oggetti più o meno ortodossi, l'artista originario di Neuchatel ha mostrato tutte le sfaccettature del proprio viscerale rapporto con i suoni percussivi, frutto della vibrazione di membrane o delle risonanze metalliche, partendo dalla creazione di climax drammatici, all'interno dei quali venivano inserite strutture ritmiche in una sorta di loop continuo, sulle quali poggiavano poi le nervose sfuriate ritmiche in un'alternanza di suoni e strumenti.


Le esibizioni di Favre non sono semplicemente lunghi a solo per strumenti a percussione, bensì veri e propri percorsi verso costruzioni armonico/ritmiche oltremodo affascinanti, sorta di strabilianti coreografie sonore.

La tecnica sopraffina, sempre al servizio della creatività, unita all'eccezionale aplomb ed all'ironia velata che Favre inserisce nelle perfomance, hanno arricchito uno spettacolo emozionante ed intenso, che nemmeno i problemi logistici sono riusciti ad inficiare. La speranza è di poter riavere presto a Milano l'artista elvetico, magari inserendolo in uno spazio più adatto alle sue spettacolari installazioni sonore.