giovedì 23 aprile 2009

Elysian Fields - The Afterlife (Vicious Circle/Tilt)


Band newyorchese con cinque album e due EP all'attivo, gli Elysian Fields di Jennifer Charles e Oren Bloedow tornano nei negozi, a quattro anni da “Bum Raps and Love Taps” (Naive Records – 2005), con un lavoro maturo ed intenso, guidato verso le abituali coordinate noir dalla voce limpida e sensuale della Charles, ben sostenuta da architetture autunnali, malinconiche e dense di forti tinte jazzy.


Un disco che racchiude in sé oscure fascinazioni metropolitane, filtrate attraverso una visione obliqua e dissonante, con digressioni old-style giocate su stilemi classici di certa musica intellettualoide, rivitalizzati da inserti noise a volte ridondanti ma molto efficaci.

Musica che nasce dal minimalismo di voce, piano e/o chitarra, arricchito da batteria, fiati ed archi utilizzati con parsimonia e gusto.


Per niente tedioso o involuto, l'album contiene brani catchy e diretti, che conquistano al primo ascolto, come l'iniziale How We Die, che si apre quasi fosse una sorta di nenia per voce e piano, con sulfurei contrappunti chitarristici, ad arroventare l'atmosfera del bell'inciso in dispari, ed un ottimo solo finale di sax.


Where Can We Go But Nowhere, introdotta da un arpeggio sul quale si trascina la voce sabbiosa, evolve in ballata soft con una scansione ritmica molto particolare, notturna ed interiore. E' un brano che non spicca per originalità compositiva, ma ha dalla sua un arrangiamento splendido, tutt'altro che semplice, ed un bel finale in crescendo.


La seguente Drown Those Days mantiene il passo della ballad sofisticata, con un intro interessante a base di  dulcimer, arpa e pianoforte, inserti di voci campionate ed un mood sognante ed etereo.

Turns Me On, con il suo shuffle terzinato è jazzata e sincopata, fino all'ingresso di stilettate chitarristiche e dissonanze pianistico/percussive che le danno un andamento un po' caotico, non convincendo appieno.


Meglio la successiva Only For Tonight, che nasce come fashion-song latineggiante, per poi lasciarsi prendere da un ossessivo e martellante ritmo di cassa in quattro, con un intermezzo per sola voce, che può portare alla mente alcune cose di Sinead O'Connor.

Someone, ballata guidata da un bel pianoforte, quasi younghiana nell'incedere, con un testo poetico ed intimista, è un pezzo che colpisce sottopelle, di quelli che si fanno ascoltare mille volte senza stancare.


Climbing My Dark Hair è brano più mainstream, molto godibile, con Jennifer Charles a dare lezioni di sensualità.

The Moment piacerebbe molto a Carla Bruni: chitarra, pianoforte e voce delicata, classe allo stato puro. Evolve drammaticamente verso fraseggi di piano in minore, mantenendo il pathos a livelli altissimi.


Night Melody Of The Pull, un po' fine a sé stessa, è una circle-song dai risvolti melodici poco azzeccati, mentre la conclusiva Ashes In Winter Light vede finalmente protagonista la voce di Oren Bloedow, in un ottimo duetto con la Charles, a chiudere in maniera adeguata un album di grande effetto, che mostra un duo dal talento indiscutibile, da seguire con attenzione.