martedì 24 febbraio 2009

Vinicio Capossela - Teatro Smeraldo, Milano – 10/02/2009


Accomodarsi sulle poltroncine trendy del Teatro Smeraldo, per assistere al delirante side show di Vinicio Capossela, fa un po’ strano. L’atmosfera da soirée, i drappi damascati, le signorine in giacchetta che ti accompagnano al posto numerato, paiono un fragile involucro pronto a disintegrarsi al deflagrare delle prime note di pianoforte.

Tutto esaurito per queste tre date milanesi, aggiunte al tour a grande richiesta; pubblico eterogeneo, età media sorprendentemente bassa, un’umanità varia che comprendeva persino alcune signore fin troppo eleganti, con probabile biglietto omaggio in tasca, alle quali il buon Vinicio sarà stato descritto come una sorta di Giovanni Allevi un po’ svitato. Speriamo si siano divertite…


Certo è che questo Solo Show allestito dal cantautore nato ad Hannover rappresenta senza tema di smentita uno degli spettacoli più interessanti e coinvolgenti proposti da un artista italiano negli ultimi anni.

La squinternata comitiva di freaks che circonda Capossela è un caravanserraglio irresistibile, dal mago-giocoliere-illusionista-escapologo Christopher Wonder, che annuncia al megafono l’apertura del sipario attraversando la platea sui trampoli, all’Orchestrina coi musicisti agghindati in maniera che definire peculiare è il minimo, passando per il gigante, la lanciatrice di coltelli Jessica Love ed il coniglietto che ricorda in maniera inquietante l’onirico personaggio di Donnie Darko.


Nel mezzo di un’atmosfera che piacerebbe a Tim Burton, Capossela, indossando la tuba d’ordinanza, attacca la spina e parte con Il Gigante e il Mago, mettendo in moto un turbinìo di colori e sapori circensi. Vinicio gran mattatore, band tosta ed originale, contorno di personaggi da Barnum dei Navigli, pubblico letteralmente in delirio. Volendo fare i soliti azzeccagarbugli si potrebbero abbozzare paragoni e cercare somiglianze, ma quando un musicista può vantare un rapporto così particolare col pubblico tutto il resto conta poco e niente. Capossela non si propone di inventare nulla, il suo è un melange di musica, teatro, avanspettacolo, macchietta e circo che diventa originale nel momento stesso in cui attinge alle mille palesi influenze.


Ci ha pensato Vincenzo Costantino Chinaski a regalare il valore aggiunto alla serata, con un reading di pochi minuti, applauditissimo, della poesia Le Cento Città, rimanendo poi dietro le quinte a subire le divertenti stilettate ironiche lanciategli da Capossela.

Una descrizione dettagliata riempirebbe tutta la rivista, nel taccuino abbiamo annotato: un vecchio piano a coda mozza, un’insegna luminosa appesa sopra il palco, Achille Succi al clarinetto, il Mighty Wurlitzer, In Clandestinità, Mauro Ottolini al sousaphone , qualche passo di tip tap durante Una Giornata Perfetta, un piano giocattolo rosso donato da Pascal Comelade per Il Paradiso dei Calzini, assoli di theremin stile colonna sonora per fantascienza di serie B, i sequencer di Vincenzo Vasi, Alessandro Stefana al banjo, Dall’Altra Parte Della Sera, cappotto e colbacco, atmosfere mariachi, Lettere di Soldati, un evocativo harmonium e la pioggia fatta con lo schioccare delle dita, 15 minuti di pausa con il Saloon Burlesque, una sirena d’allarme, l'omaggio a Vysotsky di Gymnastica, Marajà con il saltellante contrabbasso di Glauco Zuppiroli, una maschera da scimmia per I Pagliacci, Medusa Cha Cha Cha, la Water Pagoda del palombaro di Canzone a Manovella, Che Cossè L’Amor In versione tex-mex, la tromba di Eusebio Martinelli, l’Human Pinata con Wonder in camicia di forza, Brucia Troia, lo scampanante Minotauro e la sua gabbia di lampadine, Cesare Malfatti dei La Crus, Nella Pioggia, il Corvo Torvo con un mantello nero, la grancassa di Zeno De Rossi, una rilettura di All’Una E Trentacinque Circa che pare uscire da un vicolo di New Orleans...un gran delirio collettivo e tanti, tanti coriandoli.


Tra un brano e l’altro piccoli monologhi, all’apparenza lievi ma pesantissimi nel leggere una situazione storica intricata e tragicomica; i testi di Capossela allineano una plétora di strambi nonsense che letti nella giusta luce sono molto più aderenti alla realtà di tante semplici, banali, parole.

In definitiva, uno spettacolo affascinante, stravagante, frenetico ma soprattutto divertente. L’idea di portarlo a Milano, trasformando un teatro del centro in un tendone a strisce bianche e rosse è stata una mossa geniale...o una pazzia, fate voi.