lunedì 9 febbraio 2009

Remo Anzovino – Blue Note, Milano - 08/02/2009


La proverbiale pigrizia dei milanesi, che notoriamente ammazzano il Sabato, ma la Domenica preferiscono oziare, spesso penalizza ciò che di buono hanno da offrire i cartelloni dei club meneghini. Domenica 8 Febbraio, Remo Anzovino ha regalato alla platea del Blue Note di via Borsieri una serata carica di emozione e poesia, fondendo musica ed immagini con un’intensità e un entusiasmo che avrebbero meritato un pubblico ben più numeroso.

Avvocato penalista prestato alla musica, il 33enne pianista di origine partenopea da anni si occupa della sonorizzazione di pellicole mute dei primi anni del ‘900, collaborando con prestigiose cineteche e partecipando ai più importanti festival internazionali.
Svincolandosi da un banalmente didascalico commento sonoro, Anzovino disegna architetture affascinanti volte a sostenere, esaltandole, le emozioni scatenate nel pubblico dalle immagini.
Le composizioni mescolano jazz, classica, tango, milonga e musica moderna, creando un melange di passionalità ed istinto, che non lascia indifferenti. Il supporto delle immagini aggiunge pathos e sostanza alla performance, portando letteralmente lo spettatore in una dimensione parallela, nel quale il tempo pare fermarsi.

Sul palco del Blue Note un trio: Remo Anzovino, chino al pianoforte, a scandire con bassi nervosi l’andamento delle composizioni, Gianni Fassetta, fisarmonicista solido nei contrappunti, sempre preciso e misurato e Marco Anzovino, fratello di Remo, chitarrista dalle spiccate propensioni ritmiche che lo portano spesso e volentieri a maltrattare la chitarra come fosse un cajòn.
La setlist ha privilegiato le composizioni tratte da Tabù, sorta di concept album pubblicato nel 2008, col quale l’autore ha voluto analizzare le trasgressioni contemporanee in un’ottica originale e modernista, avvalendosi però di stili musicali e frammenti di immagini lontani nel tempo.
Si sono così succedute la frenesia di Metropolitan, l’ansia scomposta de I Misteri Di Un’Anima, la struggente poetica di Dove Sei e di Son, il divertissement dissonante di Due Dita, l’apparente staticità di Que Viva Tina!. Finale con la title track, poi riproposta nei bis, preceduta dall’unico momento di solitudine sul palco per il pianoforte di Anzovino, nell’esecuzione della bellissima Deriva.

I filmati, proiettati su di uno schermo alle spalle del trio, hanno proposto spezzoni tratti dai capolavori di Murnau, Flaherty, Lang ed Eisenstejn, con le straordinarie performance espressive di due attori-icona del cinema muto: Louise Brooks e Buster Keaton. Splendido l’omaggio, durante l’esecuzione di Que Viva Tina!, alla fotografa rivoluzionaria Tina Modotti, con una sequenza di ritratti ed opere dell’artista di origine friulana in un crescendo emozionante ed intenso.
Una performance eccellente per un artista che con la sua aria da “capitato lì per caso” ha raccolto l’entusiasmo e la simpatia del pubblico, deciso nel tributargli una lunga e meritata ovazione finale.