mercoledì 18 febbraio 2009

John Scofield - "Piety Street" (EmArcy)


Immagine di copertina ironicamente mistica per il nuovo progetto del geniale chitarrista nato in Ohio e cresciuto in Connecticut, maturato musicalmente al Berklee College Of Music di Boston ed entrato nel novero dei grandi musicisti grazie alle collaborazioni con Charlie Mingus, Herbie Hancock, Chick Corea, Joe Henderson, Billy Cobham, Gerry Mulligan,  e soprattutto Miles Davis. 


Una fila di ceri votivi accesi, sui quali campeggiano, alla stregua di icone religiose, le immagini dei musicisti coinvolti nelle registrazioni: Scofield (rappresentato come una sorta di Cristo della chitarra), Jon Cleary (pianoforte, organo Hammond e voce), John Boutté (voce), Greg Porter Jr. (basso), Ricky Fataar e Shannon Powell (entrambi alla batteria).

Una scelta grafica forse risibile, ma tutto sommato divertente, che speriamo non offenda la sensibilità di nessuno. 


Di tutt’altro tenore il disco, convincente e senza cedimenti di sorta, Scofield ai massimi livelli.

Da lungo tempo il Nostro accarezzava l’idea di un album che traesse diretta ispirazione dalle sonorità old-time di New Orleans, miscelando jazz delle origini, blues, gospel e spirituals, rivisitandone gli stilemi in chiave moderna ed originale. 

Partendo dalle armonie dei canti religiosi di matrice afroamericana, adagiati su un substrato blues e rhythm’n’blues svincolato dal manierismo delle inflazionate dodici battute, il disco alterna eclatanti digressioni ritmiche a misurati fraseggi, guidati da chitarra e pianoforte, intenti a spartirsi un ruolo da protagonisti con l’ottimo vocalismo di Boutté e Cleary.


La band si destreggia agilmente nella riproposizione di traditionals e cover mutuate dal repertorio di Tommy Dorsey, Rev. James Cleveland, Mahalia Jackson e Soul Stirrers, evitando accuratamente pericolose derive verso un solismo fine a sé stesso o scivolamenti in direzione di semplicistiche rivisitazioni di genere. Le variegate influenze convergono nella definizione di brani mai risaputi o banali, bensì freschi ed originali, pur se rigorosi e rispettosi delle radici, all’interno dei quali la band trova modo di esprimersi al meglio, esaltando i solisti, ma soprattutto esaltando l'insieme completo e solido. 


L’alchimia tra i musicisti è palese nelle sonorità e negli arrangiamenti ma soprattutto nel mood dei brani, che paiono registrati in presa diretta.

Scofield è una vecchia volpe, non lascia mai nulla al caso e stupisce con il suo fluido chitarrismo che anche questa volta farà trasalire gli amanti delle sei corde. Per questo progetto ha deciso di coinvolgere alcuni tra i migliori esponenti del New Orleans-sound presenti sulla piazza.


John Boutté, rampollo di una dinastia di grandi musicisti della tradizione jazz della Louisiana, si dimostra cantante di rango, grazie al timbro originale ed all’evidente bravura tecnica, che gli permettono di approcciare con estrema facilità le parti vocali assegnategli.

Greg Porter Jr. ed il sudafricano Ricky Fataar (batterista fisso nella band di Bonnie Raitt) formano un’affiatata sezione ritmica, poderoso stantuffo che spinge inarrestabile, contribuendo alla solidità e compattezza delle composizioni.


Jon Cleary (anch’egli prezioso sodale della Raitt), musicista di origine britannica che ha maturato il proprio stile negli Stati Uniti, è pianista/organista dotato di gran gusto, oltre che cantante in possesso di una splendida voce, insostituibile nell’infondere le giuste atmosfere ai brani. 

Shannon Powell, musicista dal curriculum lunghissimo, partecipa all’album con il suo batterismo pirotecnico, saturo di swing e personalità. Le ritmiche tipicamente New Orleans contenute nei brani sono tutte farina del suo sacco.

 

Tredici brani che si ascoltano d’un fiato, godibili e coinvolgenti. 

That’s Enough, 99 ½ , His Eye Is On The Sparrow e But I Like The Message sono composizioni gospel nelle quali la band mantiene un approccio più unitario, privilegiando armonie vocali e feeling suggestivo, senza indugiare troppo in parti soliste.

Episodi più tosti sono Sometimes I Feel Like A Motherless Child e Something’s Got A Hold On Me, funkeggianti e ritmati. Ma a farla da padrone è il New Orleans style, con le notevoli Never Turn Back, Old Ship Of Zion, Angel Of Death e Walk With Me.


Non ci sono episodi minori, tutto il disco scorre via che è un piacere, Scofield si dimostra in ottima forma e, grazie anche ai comprimari di lusso, porta a casa uno degli album migliori della sua lunga e prolifica carriera.