giovedì 19 febbraio 2009

Dan Auerbach - "Keep It Hid" (Nonesuch/V2)


Esordio solista notevole questo Keep It Hid col quale Dan Auerbach, 30enne poliedrico chitarrista da Akron, Ohio, si separa temporaneamente dal fedele sodale Patrick Carney, allampanato batterista contitolare del progetto Black Keys, senza ombra di dubbio la band hard-blues più interessante emersa nell’ultimo decennio, titolare di uno fra i più apprezzati lavori datati 2008, il formidabile Attack & Release che vedeva in veste di produttore il quotatissimo Danger Mouse.


Auerbach si dimostra valente polistrumentista, occupandosi personalmente di quasi tutti gli strumenti utilizzati nella registrazione dei brani della raccolta. Accanto a lui una serie di ospiti pressoché sconosciuti al grande pubblico, scelti tra amici di vecchia data, concittadini e parenti più o meno stretti (tra questi lo zio James Quine, ottimo chitarrista e primo insegnante di chitarra di Dan, il quale lo ha voluto a tutti i costi nel disco), riuniti nello studio casalingo Akron Analogic per due mesi di sessions scevre da ansie o scadenze. Tutta questa tranquillità si riflette nell’atmosfera rilassata e calda dell’album, registrato, mixato e masterizzato con strumenti analogici. 


Il risultato è un disco solido ed intenso, concepito dal Nostro con l’aiuto dell’amico di vecchia data Mark Neill, valente ingegnere del suono che ha contribuito alla produzione di un lavoro eterogeneo ma sorprendentemente unitario, vintage nelle sonorità e moderno nelle intenzioni, con pochi punti di contatto coi cinque dischi pubblicati tra il 2002 ed il 2008 a firma Black Keys, perché più complesso, pregno di influenze che vanno dalla psichedelia al soul, dal bluegrass al country al folk. Sonorità quindi in massima parte inedite per il barbuto axeman che in questo album privilegia come mai in precedenza le timbriche delle chitarre acustiche.


I brani, composti durante la fortunata tournée seguita alla pubblicazione di Attack & Release, sono tutti di ottima fattura, non presentano cadute di tono o di stile, Auerbach sa cosa vuole ottenere ed evita di strafare o sovraprodurre. Nonostante le innumerevoli influenze il disco gode di una continuità e di una cifra stilistica unitaria che lo fanno crescere di ascolto in ascolto, palesando il gusto per le sfumature dell’autore ed una valenza compositiva indiscutibile.


La partenza è subito a sorpresa: Trouble Weight is A Ton (titolo strepitoso!) suona come un traditional folk, influenzato dalla roots music degli Appalachi, nel quale voce e chitarra disegnano architetture soffici e suadenti. Brano che non ti aspetti, apre le porte sulla dimensione più personale ed intima dell’autore, mostrando finalmente quale sia il background musicale di Auerbach.


I Want Some More è sapida, caratterizzata da un vocalismo di grana fine, carico di effetto nel ritornello di facile presa e ci accompagna verso la psichedelia di Heartbroken, In Disrepair, brano eccellente, assolutamente fuori dal tempo, geniale preludio al soul intenso di Whispered Words, splendido gioiello composto nei lontani anni ’60 dal padre di Dan, che da solo vale il prezzo del disco.


L'ottima ballata When The Night Comes mostra il lato più intimista dell’autore, mentre la poco incisiva Mean Moonson, forse il brano meno interessante del lotto, soffre un arrangiamento che a tratti pare un po’ sconclusionato. Le successive The Prowl e When I Left The Room si avvicinano alle sonorità aspre e dissonanti dei migliori Black Keys, introducendo componenti ritmiche particolari, acid-blues la prima, sottilmente latineggiante la seconda, mentre la conclusiva Goin' Home torna alle atmosfere acustiche e leggere di Trouble Weight is A Ton, per chiudere l'album nella maniera più adatta, la proverbiale quadratura del cerchio. 


All’uscita del disco ha fatto seguito la partenza di un tour americano, nel quale Auerbach si presenta sul palco accompagnato da una formazione particolare: due chitarre, due batterie e basso, con arrangiamenti differenti da quelli del disco e l’aggiunta nel repertorio di qualche brano inedito. Purtroppo la possibilità che vengano fissate date nel nostro Paese pare davvero remota. 


Con questo disco Auerbach si conferma dunque songwriter di razza e musicista multiforme, magari non virtuoso tout court, ma performer molto preparato, con l’umiltà e le doti necessarie per spaziare fra i generi mantenendo freschezza e credibilità, merci assai rare nella musica dei nostri tempi.