Prolifico compositore dall'Oregon, in bilico tra fascinazioni folk e deviazioni sperimentali nell'ambito di quella che il recensore a corto di definizioni cataloga in genere come contemporary classical, David Allred è polistrumentista dotato e autore raffinato; nelle sue composizioni, anche le più complesse, si percepisce una semplicità formale che le rende fruibili a qualunque pubblico, spesso con un inaspettato sentore pop.
In poco più di cinque anni Allred ha dato alle stampe una quindicina di album, tra lavori solisti e collaborazioni (Allred & Broderick, Good Enough for Grandpa), mantenendosi sempre a una certa distanza dal mainstream, ma costruendosi una solida reputazione come musicista e ampliando le proprie influenze in molteplici direzioni. 'Driving Through the Aftermath of a Storm on a Clear Day' prosegue in questo interessante percorso ed è, a parere di chi scrive, uno degli album più riusciti del musicista da Portland.
Il disco è breve, circa trenta minuti per undici brani, molti dei quali della durata di poco più di due minuti, ma la sostanza è decisamente tanta ed il disco entra subito sotto pelle insinuandosi ascolto dopo ascolto nell'animo dell'ascoltatore. I temi sono minimali, sospesi, a volte inquieti, con strutture rette da piano e archi, passaggi ripetuti che creano una sorta di base ritmica sulla quale Allred, fautore di tutti i suoni presenti nel disco, inserisce melodie ora solenni, ora eteree.
Oltre al linguaggio musicale, c'é in questo lavoro un uso peculiare delle imperfezioni, dei rumori; la ricerca di una sorta di disturbo che si trasforma in musica, penetrando nel tessuto sonoro dei brani per amplificarne la personalità. Esemplare in questo senso la composizione che apre il lavoro, la quieta Wave, che vive del contrasto tra il suono di un timido piano, sporcato dai rumori stessi dello strumento, escamotage che sarà ripreso anche in alcuni dei brani successivi, e una sovrastruttura di archi e voci sospesa in un crescendo molto affascinante.
Ma c'é grande sostanza anche in brani come New Gravity, per chi scrive il pezzo migliore dell'album, costruito su un inquieto arpeggio dispari che introduce un mood nel quale il sussurro si fa potente e cinematografico, con i bassi ad insinuarsi drammatici tra i riverberi di piano ed archi, in Portland Nursery, brano folk-oriented impreziosito da suono di ottoni e ritmica solenne, nelle atmosfere pastorali di Potato e nelle splendide cadenze della conclusiva Daylight, alla quale una tromba sordinata regala un retrogusto jazzy.
Un lavoro breve e conciso ma decisamente interessante; Allred non aspira certo al grande successo commerciale, ma un posticino nella nostra discografia se lo merita, andate a scoprire anche i suoi lavori precedenti. (8,5/10)