domenica 7 novembre 2021

Courtney Hartman - Glade (Reckoner Reckords)


di Chris Airoldi

Cantautrice originaria del Colorado alla seconda prova discografica, Courtney Hartman rilascia un lavoro molto interessante, nel quale la vena folk trova terreno fertile, grazie ad una penna ispirata e ad un notevole lavoro sugli arrangiamenti, con prevalenza di colori tenui e piccole sfumature che danno ai brani strutture all'apparenza fragili e minimali, in realtà estremamente solide, senza mai forzare sulle dinamiche.

Il risultato è un album liquido, autunnale, che alterna momenti dolenti a contrappunti dal sapore delicato, affascinandoci con le note degli strumenti a corda ma soprattutto con la voce eterea di Hartman, che ha nel sussurro effluvi agro-dolci ed anche nei momenti più drammatici riesce a permearsi di un morbido sentore di rinascita, portando i brani verso orizzonti luminosi.

Bright at My Back apre il disco trasportandoci dentro un'atmosfera da alba livida, grazie ad un arpeggio dal tempo incerto ed alla voce in bilico tra suoni naturali e filtri, mentre gli archi crescono come foschia, attorno a un paesaggio apparentemente desolato ma pregno di sostanza che porta verso un finale più carico, con un tema ripetuto che diventa una sorta di mantra.

Moontalk lascia invece alle spalle la foschia, per addentrarsi in territori tersi e ritmati, con chitarra e basso a gestire la situazione in compagnia di piccoli contrappunti percussivi e sonori. La voce di Hartman brilla, specie quando doppiata, sia in unisono sia in controcanto. Wandering è invece un brano che si riallaccia alla tradizione folk dei grandi cantautori, con un picking molto riconoscibile, belle melodie e una leggerezza rassicurante. C'é anche un retrogusto europeo nel mood generale del brano.

Home Remedy si apre con una bella chitarra soffusa, sulla quale la voce si innesta lirica e fluida, è uno di quei pezzi in grado di trasportare l'ascoltatore in un'altra dimensione, grazie alla quasi impalpabile presenza di violino e steel guitar. Marrow torna ritmata, c'è anche una batteria a portare il tempo, sebbene si tratti di piccoli interventi che si intersecano ai volteggi degli archi e delle chitarre nel tema. Groove e sperimentazione, un brano decisamente interessante.

Ci si rituffa immediatamente in atmosfere rarefatte con When I Wake, pezzo caratterizzato da un incedere iniziale epico che dopo poche battute svanisce, lasciando voce e chitarra a sviluppare trame folk con semplicità formale ma grande intensità nell'interpretazione e negli arrangiamenti che riportano all'incedere iniziale, addolcendolo in un finale sospeso. Hideaway parte proprio da questa sospensione, modellandosi su una bella melodia del cantato; è un brano senza guizzi particolari, ma con un finale molto lirico, ben inserito nel contesto dell'album.

Have We Landed parte da lontano, anche nel suono riverberato della chitarra, che tratteggia un arpeggio cadenzato che diventa una sorta di loop acustico sul quale voce e basso si muovono fluidamente; gran brano che dopo qualche ascolto si gusta appieno, non c'é proprio nulla fuori posto.

Turning sembra inizialmente un demo, con la chitarra quasi accennata e un ambiente sonoro che si discosta dal resto del lavoro. Ha il pathos del folk nord-europeo e chiude l'album degnamente. Courtney Hartman è chiaramente molto lontana da qualunque tentazione mainstream, ma una musica così pregna, in grado di toccare le corde dell'ascoltatore nel profondo, meriterebbe l'attenzione del grande pubblico. (8,5/10) 


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