mercoledì 10 ottobre 2018

Spain - Mandala Brush (Glitterhouse)


di Chris Airoldi

I lettori più vecchi ricorderanno come in passato, sulle coste degli album in vinile, le case discografiche usassero inserire la dicitura "file under..." seguita dal genere, per facilitarne l'inserimento a scaffale nei negozi. Al di là dell'utilità o meno, questa usanza serviva per definire in qualche modo il suono di un lavoro, senza perdersi in troppe iperboli stilistiche. Questo nuovo album degli Spain arriva nelle nostre mani accompagnato da una cartella stampa che recita:"indie pop slow-core Americana free jazz", una definizione che per quanto dica tutto e niente (potrebbe essere di ispirazione per un testo di Franco Battiato), ci fa capire quanto complicato sia incasellare in un solo ambito la musica di Josh Haden e famiglia.

Contaminazione, libertà espressiva, ricerca stilistica, chiamatela come volete: nei solchi di questo lavoro c'é un mondo di sonorità che affascina, magari non al primo ascolto, ma lentamente ci avvolge e ci trasporta, quasi fossimo attratti magneticamente dallo stilizzato mandala in copertina che, seguendo la stessa linea della musica, racchiude il simbolo di Venere, del rame e del sesso femminile, nonché le trame dei dreamcatcher dei nativi. Un chiaro messaggio di universalità che va di pari passo con il misticismo dei testi e l'onestà delle intenzioni.

Come detto è un lavoro dalle trame oscure, che potremmo inserire nel filone del gotico americano più di sostanza, sebbene infarcito di influenze globalizzanti, pensiamo all'iniziale ossessivo mantra con sapori latini di Maya in The Summer, alla splendida elegia minimale di Holly, o ai quindici minuti catartici di God is Love, composizione da viaggio psichedelico nella quale l'intro è affidata al suono di uno strumento ad ancia battente (le nostre launeddas, per intenderci), brani che di anglosassone hanno solo linee e testi. C'è il profumo del jazz, che ovviamente è nei geni degli Haden, soprattutto nell'uso libero dei fiati, i quali si muovono con grande agilità anche nei contesti più folk-oriented, come Folkstone, Kent, Tangerine o The Coming of The Lord.

Ma il lavoro regala altre gemme: il coinvolgente up-tempo di Sugarkane, brano dove ogni cosa è al posto giusto, soprattutto le splendide chitarre; la languida visceralità di Rooster Cogburn, con organo, basso e batteria sugli scudi, e la sostanza della desertica Laurel, Clementine, brano dai toni vicini al pop. Su tutto la voce di Haden, con quella fragilità intrinseca che la fa percepire così umana e credibile, sia quando racconta storie della suburra americana, sia quando liricamente si spinge verso la spiritualità. La musica degli Spain è tutto questo, una sorta di amorfo gospel, in perfetto equilibrio tra l'intimo e l'universale che in questo disco si esprime ai massimi livelli. Non fermatevi al primo ascolto. (8/10)

Josh Haden e soci approderanno in Italia nei prossimi giorni, per esibirsi il 12 Ottobre all'1e35 Circa di Cantù e la sera successiva al FreakOut Club di Bologna. Non perdeteli!