di Chris Airoldi
L'annata in corso sarà certamente ricordata come una tra le più interessanti per ciò che riguarda il cantautorato anglosassone; salvo poche eccezioni, le classifiche di fine anno saranno letteralmente invase da dischi firmati da solisti più o meno giovani e quotati. Se fino ad oggi la supremazia pareva essere decisamente nelle mani dei songwriters d'oltreoceano, ecco arrivare il buon Paul Weller a scompigliare le carte in tavola, ricordandoci che come ispirato autore di canzoni è ancora in grado di dare dei punti a molti.
C'era parecchia attesa per questo quattordicesimo LP solista (ventiseiesimo in carriera) dell'allampanato singer da Woking: per il modo in cui è stato presentato dallo stesso Weller, per l'interessante messe di ospiti, ma soprattutto per il gustoso assaggio maggiolino di Aspects, uno dei brani più belli di questo 2018, regalo del Nostro per i suoi 60 anni. E il disco non delude le attese, presentandoci un Weller in formissima, finalmente decisosi a togliere un po' di polvere dalla chitarra acustica per firmare un grande album.
Le strutture dei brani poggiano infatti nella stragrande maggioranza dei casi sulle pennate all'acustica, con un uso parco del resto degli strumenti e la presenza misurata di parti orchestrali che arricchiscono gli arrangiamenti e rendono i brani eterei e soffusi al punto giusto. Weller canta con voce meno decisa del solito, ma lasciandosi andare ad un lirismo che convince appieno. La tracklist ricca, ben quattordici brani, faceva temere il ripetersi di una possibile discontinuità che in altre occasioni aveva penalizzato i lavori di Weller; invece il disco scorre piacevolmente dall'inizio alla fine.
Se fino ad oggi le opere soliste di Weller ci presentavano un rocker fatto e finito, con qualche piccola propensione alla ballad più intimista e malinconica, in questo 'True Meanings' la logica si ribalta completamente e il Nostro mette in campo tutte le componenti emotive della sua musica, appendendo alle pareti dell'album una serie di acquerelli intimisti e asciutti, spingendo sull'acceleratore solo in pochi casi. E' un disco che i fans aspettavano da tempo e Weller ha voluto prendere tutto il tempo necessario per produrlo e registrarlo al meglio, tra le mura di casa del Black Barn Studio.
In brani come The Soul Searchers (con ospiti le spettacolari tastiere di Rod Argent), Glide, Come Along (con le leggende del folk Martin Carthy e Danny Thompson), Old Castles e il già citato Aspects, si respirano grande onestà e voglia di mettere ancora una volta mano alla tradizione musicale britannica, senza stravolgerla, ma mettendone in luce le peculiarità: orchestrazioni, interpretazione, gusto. Il disco trasuda questo impegno e ascolto dopo ascolto si fa sempre più convincente.
Grande lavoro anche sui testi, opera del Nostro ma anche di Connor O'Brien dei Villagers (The Soul Searchers) e Erland Cooper di Erland & The Carnival (Bowie, White Horses, Wishing Well). La poetica è semplice quanto efficace, il resto la fa l'interpretazione al canto, solida e senza sbavature. Un disco dunque che si va a collocare tra i più riusciti nella ricca discografia di Weller, un autore che ha ancora molto da dire e quando lo fa con la giusta misura ci regala grandi album come questo. (8/10)