venerdì 29 settembre 2017

Recensioni Brevi: Dhani Harrison, Kamasi Washington

Dhani Harrison - In///Parallel (BMG)













Interessante esordio solista per il trentanovenne figlio dello scomparso ex-Beatle, ad oggi titolare di una manciata di trascurabili episodi discografici in veste di membro delle band Thenewno2 e Fistful of Mercy. I geni paterni sono ben presenti, soprattutto nell'approccio mistico-spirituale di suoni e testi, mentre a livello musicale il nostro percorre la via della sperimentazione in ambiti elettronici molto spinti che riportano alle esperienze di certa new wave anni '80 o di più recenti progetti drone/ambient; l'album si presenta dunque complesso e articolato, con suoni sintetici in abbondanza, atmosfere involute e un mood futurista in qualche caso un po' contorto. Harrison ha una bella voce e sa interpretare con mestiere i propri brani; nel mucchio spiccano la ritmata Summertime Police, l'orientaleggiante Never Know e la minimale Admiral of upside Down. Decisamente meno riusciti gli episodi che concedono qualcosa di più semplificato all'ascolto, come la risaputa All About Waiting o la farraginosa London Water. Harrison mostra del talento, a parere di chi scrive necessiterebbe di un aiuto più consistente nell'incanalare la propria creatività verso linguaggi potabili e meno cervellotici, liberandosi dalla paura di finire nel limbo dei figli d'arte non all'altezza dei padri. Stiamo a vedere. (7/10)


Kamasi Washington - Harmony Of Difference (Young Turks)













Musicista molto quotato, soprattutto negli ambienti della black music più di tendenza, il sassofonista losangelino divide pubblico e critica in maniera netta: chi lo ama ne riconosce la capacità di rinverdire il linguaggio di un certo jazz intellettualoide e radicale, mettendolo altresì a disposizione delle nuove leve dell'hip-hop sperimentale; i detrattori lo vedono come un poco ispirato epigono di John Coltrane, assurto a ragazzo copertina del jazz moderno. Titolare del monumentale 'The Epic', concept album pubblicato nel 2015, molto ben accolto dalla critica, Washington torna nei negozi con questo EP di oltre trenta minuti che in qualche modo è  una propaggine del lavoro precedente, con i temi dell'impegno civile ancora una volta in primo piano e un esplicito desiderio di esplorazione dei confini del linguaggio, anche grazie ad un parco strumenti decisamente ampio, comprendente una sezione di archi, fiati, vibrafono e un coro di nove elementi. Le composizioni presentano una struttura molto particolare: le prime cinque si sviluppano come singoli episodi, mentre la sesta ed ultima raccoglie tutte le precedenti in un unico arrangiamento. Possiamo dunque apprezzare due prospettive interpretative diverse dello stesso brano, con alterne fortune, in quanto ad episodi interessanti (Desire, Perspective) se ne contrappongono altri meno riusciti (Humility, Knowledge), in qualche caso affetti da una preoccupante ripetitività. Il percorso artistico di Washington non può essere valutato basandosi su questa singola opera, visto che la stessa nasce come commento sonoro ad un'installazione visuale di A.G.Rosas al Whitney Museum di New York, ma da un artista di questo calibro sarebbe lecito aspettarsi una maggiore attenzione alla qualità, piuttosto che alla quantità. (6,5/10)