mercoledì 14 giugno 2017

Kronos Quartet - Folk Songs (Nonesuch)


La pluripremiata Nonesuch di David Bither è senza ombra di dubbio l'etichetta discografica maggiormente impegnata nella ri-definizione di un suono saldamente radicato nella tradizione ma proiettato in un futuro multiforme e contaminato, totalmente svincolato da logiche di genere o di provenienza. Poche label possono vantare un roster di artisti tanto variegato e dotato di talento, da Chris Thile ai Fleet Foxes, da Brad Mehldau a Randy Newman, da Joshua Redman a Steve Reich, solo per elencarne alcuni. La forza dell'etichetta californiana risiede nella tendenza a spingere i musicisti ad intrecciare collaborazioni musicali spontanee e creative, suggellate da pubblicazioni discografiche sempre estremamente curate.

E' il caso di questo nuovo lavoro del Kronos Quartet, il combo di musica contemporanea più noto ed apprezzato a livello internazionale che, superata agilmente la boa dei quarant'anni di carriera nel 2013 e forte di una discografia che allinea la bellezza di sessanta titoli, pubblica in questo ricco 2017 un album al quale partecipano quattro illustri colleghi di etichetta: Rhiannon Giddens, Natalie Merchant, Olivia Chaney e Sam Amidon. Folk Songs è un disco la cui gestazione è partita nel 2014, con le celebrazioni tenutesi alla Brooklyn Academy of Music di New York e al Barbican Centre di Londra, per festeggiare i 50 anni della Nonesuch. In quelle occasioni il Kronos Quartet, accompagnato dagli stessi quattro vocalist, presentò per la prima volta dal vivo questa raccolta di traditional arrangiati assieme a musicisti del calibro di Nico Muhly, Jacob Garchik (Slavic Soul Party!) e Gabe Witcher (Punch Brothers). 

David Harrington (violino), John Sherba (violino), Hank Dutt (Viola) e Sunny Yang (violoncello) hanno quindi portato il materiale in studio, affiancati dal produttore Doug Petty, ed il risultato è uno degli album più interessanti di questo primo semestre del 2017, un lavoro che probabilmente non incontrerà i favori del grande pubblico ma farà felici gli appassionati della tradizione folk quanto gli amanti della musica contemporanea più raffinata. Folk Songs è un album prezioso, a tratti commovente, coraggioso e rigoroso, caratterizzato da interpretazioni di altissimo livello, strumentale e vocale. Gli ospiti eseguono due brani a testa mentre il quartetto si concede un solo brano strumentale, la versione meticcia e pizzicata della strepitosa ballata blues Last kind words di Geeshie Wiley, brano degli anni trenta già all'epoca considerato precursore di un suono poi diventato classico. 

Le interpretazioni più interessanti vengono dall'unico maschietto del lotto, quel Sam Amidon il cui ultimo lavoro 'The Following Mountain' esplora diversi linguaggi musicali mostrando una grande capacità di reinventare e mescolare le influenze più disparate. L'iniziale Oh where è una lieve ballata arrangiata splendidamente da Nico Muhly, cantata con voce rotta da Amidon, carica di malinconia e pathos, piena di forza e con una monumentale cadenza gospel. I see the sign è invece più strutturata, con la chitarra a creare la ritmica e gli interventi del quartetto ad arricchire il tessuto sonoro, pezzo strepitoso, con un retrogusto blues molto intenso. Natalie Merchant mette sul piatto la grande esperienza e la capacità di interpretare i brani con un'intensità non comune; con gli anni la sua già apprezzabile vocalità ha assunto sfumature sempre più ricche. The butcher's boy è un traditional molto noto, in passato già rivisitato da Joan Baez ed Elvis Costello, che Natalie fa suo in maniera credibile, mettendo in campo la giusta dose di drammaticità sulle delicate cadenze create dal quartetto. Johnny has gone for a soldier è invece più lirica e poetica, una ballata dall'origine oscura, si presume irlandese, che dà modo alla Merchant di esprimersi in maniera ancor più convincente. 

Rhiannon Giddens è in un momento molto fortunato: l'ultimo lavoro 'Freedom Highway', pubblicato lo scorso Febbraio, ha ricevuto critiche più che positive un po' ovunque. La vocalità chiara e potente, l'ottima perizia strumentale e la grande capacità di unire modernità e tradizione fanno di lei uno dei personaggi più interessanti al momento sulle scene. I suoi contributi all'album sono la sospesa Factory girl, nella quale la bella voce si fa teatrale ed epica su una struttura di archi sinuosa e avvolgente, e la conclusiva Lullaby, ninna-nanna delicata quasi cinematografica, con un andamento armonico molto particolare, tra contrappunti e botta e risposta onirici. Olivia Chaney è forse il nome meno noto ma è artista con un background molto significativo: laureata alla Royal Academy Of Music di Londra, vanta collaborazioni con nomi del calibro di Robert Plant, Decemberists e Alasdair Roberts. Rambling boys of pleasure e soprattutto Montagne que tu es haute ci mostrano una vocalist dalla spiccata personalità, con un timbro decisamente apprezzabile ed un approccio più lirico rispetto alle colleghe.

Con una tale messe di grandi voci, il Kronos Quartet lavora di cesello per costruire strutture articolate e complesse ma dall'aspetto minimale, valorizzando il lavoro dei solisti senza mai risultare invadente. L'album si fa ascoltare d'un fiato: bei suoni, spettacolare scelta di brani, ottimi arrangiamenti e grandi interpretazioni. Come detto non è un disco che punta alle classifiche o da consigliarsi agli ascoltatori più distratti ma è un lavoro che merita grande considerazione, tra i migliori dell'anno. (8,5/10)