venerdì 3 marzo 2017

Recensioni Brevi: Julia Byrne, Omar Sosa & Seckou Keita

Julie Byrne - Not Even Happiness (Ba Da Bing/Basin Rock)














Cantautrice dalla bella voce profonda, con uno spirito nomade che l'ha portata a lasciare la natia Buffalo per cercare fortuna in giro per gli States, Julie Byrne, ora stabilmente insediata a Seattle, pubblica il secondo album; un lavoro intriso di spiritualità e romanticismo con cui la nostra esplora atmosfere invernali intime e contemplative, nelle quali si inserisce con una vocalità quasi sussurrata. Gli arrangiamenti sono all'insegna del minimalismo: chitarra, tastiere, fluto e archi sono gli unici strumenti utilizzati e il risultato è un album in equilibrio tra il folk raffinato e l'ambient new age, una sorta di colonna sonora delle emozioni genuine, che si insinua nell'ascoltatore in cerca delle corde più sensibili. I temi cari alla cantautrice sono natura e relazioni umane e i bei testi si caratterizzano per la poetica bucolica ed essenziale. Un album che ristora l'anima, con brani intensi come Follow my voice e Natural blue, momenti più folkeggianti (Melting grid e Morning Dove) e divagazioni strumentali ambient, come Interlude e I live now as a singer. Da ascoltare. (7/10)


Omar Sosa & Seckou Keita - Transparent Water (World Village)

La foto di copertina sintetizza perfettamente il mood dell'album; due musicisti provenienti da angoli lontani del globo, faccia a faccia, ognuno con il proprio carico di esperienza ed ispirazione: unico limite il cielo. E questo lavoro non è solo un semplice incontro tra artisti diversi e complementari, nel quale il pianismo del cubano Sosa si limita ad accompagnare le evoluzioni della straordinaria kora del senegalese Keita. Transparent Water è uno dei viaggi più complessi mai intrapresi nell'ambito della world music; nel disco sono presenti strumenti e musicisti provenienti da ogni angolo del Mondo. Ne risulta un disco meticcio e multiforme carico di caldi accenti sudamericani, struggenti melodie africane ma anche di sinuosi ritmi e fascinazioni provenienti dalla tradizione dell'estremo oriente, con profumi jazz e blues. Merito dei due protagonisti e della messe di ospiti che popolano il disco: le percussioni del venezuelano Gustavo Ovalles, il koto della giapponese Mieko Miyazaki, il nagadi di Mohsin Kahn Kawa e il geomungo della coreana E' Joung-Ju. Un disco senza confini, nel quale la vastità degli orizzonti musicali contribuisce a trasportare l'ascoltatore attraverso un percorso sonoro estremamente affascinante. (7,5/10)