domenica 26 marzo 2017

Recensioni brevi: Saltland, Béla Fleck

Saltland - A Common Truth (Constellation Records)













Moniker dietro al quale si cela la violoncellista canadese Rebecca Foon, Saltland giunge al secondo album, seguito dell'interessante esordio del 2013, prodotto da Mark Lawson (Arcade Fire), che vedeva l'autrice circondata da una serie di ospiti prestigiosi. Questo nuovo lavoro, prodotto da Jace Lasek (The Besnard Lakes, Wolf Parade), è stato concepito da Foon in quasi totale solitudine; unica eccezione la presenza di Warren Ellis (Nick Cave, The Dirty Three) al violino e all'organo in quattro brani, tutti strumentali. Suoni naturali e filtrati del violoncello si intersecano, creando le arzigogolate strutture dei brani sulle quali si innesta la voce estremamente riverberata della Foon. Ne risulta un'affascinante alchimia per la quale qualcuno ha coniato la calzante definizione di 'amniotic music'. 
 Il nome che viene da subito alla mente è quello di Colin Stetson, artista col quale la Foon ha collaborato, il quale persegue un percorso espressivo similare. Atmosfere poetiche e momenti epici si alternano dilatando i tempi e creando ambientazioni evocative, tanto proiettate nel remoto quanto lanciate verso una modernità sperimentale. Brani da ricordare: I only wish this for you, Light of mercy, Magnolia, A common truth. (7,5/10)



Béla Fleck - Juno Concerto (Rounder)













Progetto molto ambizioso quello del pluripremiato banjoista newyorchese, alle prese con la composizione di un concerto per orchestra dedicato a Juno, il figlio avuto con la compagna e collega Abigail Washburn. Registrato con l'apporto della Colorado Symphony Orchestra condotta da José Luis Gomez, il concerto si compone di tre movimenti nei quali il banjo si inserisce ora come strumento solista a creare dei botta-e-risposta con l'orchestra, ora come supporto agli archi, in un connubio inedito, molto interessante. A livello compositivo Fleck si dimostra capace di evitare gli stilemi banalmente di contrappunto che normalmente i musicisti di estrazione non classica assegnano agli arrangiamenti per orchestra, scrivendo con rigore e gran gusto; i tre movimenti dunque si susseguono agilmente trascinando in un ascolto semplice anche chi non è avvezzo a questo tipo di sonorità. I due ulteriori brani sono invece composizioni per banjo e quartetto d'archi, nei quali Fleck ospita i Brooklyn Rider coi quali aveva già collaborato per il disco 'The Impostor', con un impianto più strutturato, nel quale momenti classicheggianti si alternano a virate bluegrass. Album interessante, non solo per appassionati, ma che pretende certamente uno sforzo in più in termini di ascolto. (7,5/10)