Phil Elverum ritorna sulle scene, a pochi mesi di distanza dalla terribile tragedia che lo ha colpito, con un album che riflette la fragilità e la malinconia di un artista che si è visto portare via da un male incurabile la persona che amava e che, dopo un periodo di comprensibile smarrimento, si ritrova a dover nuovamente fare i conti con la realtà, rimettendo mano a ciò che sa fare meglio: comporre canzoni. Questo album nasce dunque come una sorta di cronaca del vissuto e dei pensieri di Elverum durante i mesi successivi alla scomparsa della moglie, la cantautrice e illustratrice Geneviève Castrée.
Registrato utilizzando gli strumenti lasciati dalla compagna, l'album ci presenta un Elverum in completa solitudine, a disegnare trame tenui con l'accompagnamento di pianoforte e chitarra, sostenuto da ritmiche minimali, ottenute semplicemente percuotendo oggetti. L'album segue un percorso cronologico, nel quale la descrizione di un vissuto difficile, alla ricerca di un senso per ogni azione, anche quella più semplice compiuta in una normale giornata, come portare fuori l'immondizia o chiudere le finestre, diventa fondamentale per affrontare una vita che col passare dei giorni trasforma i ricordi in immagini statiche e sbiadite.
Solitudine e disincanto sono parte delle trame di un tessuto sonoro involuto, che Elverum inserisce in un percorso che muove i propri passi dalla citazione di copertina della poesia Night Palace di Joanne Kyger, con il potente incipit:"The best thing about the past is that it's over" per poi svilupparsi partendo dall'elaborazione del lutto di Real Death fino a giungere al dialogo finale con la piccola figlia nella commovente Crow. In mezzo la realtà quotidiana di un trentottenne alle prese con un vissuto devastante, che affronta attraverso l'unico mezzo che ha a disposizione: la poetica della propria arte.
Il disco è dunque tragico ed emozionante, va recepito come una sorta di viaggio interiore alla ricerca un ritrovato equilibrio, un ritorno alla realtà pieno di incognite e malinconia, necessario per beneficiare del potere salvifico e guaritore della musica. Qualcosa di simile a quanto già visto con 'For Emma, Forever Ago' di Bon Iver o 'Skeleton Tree' di Nick Cave, pur con le dovute distanze. Il minimalismo musicale non impedisce alle atmosfere e ai testi di brani come Ravens, Emptiness Pt.2, Tootbrush/Trash e Soria Moria di colpire nel segno, delineando un album importante che tocca corde emotive profonde e merita un ascolto attento. (8/10)