lunedì 5 gennaio 2009

Antony And The Johnsons - The Crying Light


Terza fatica discografica per Antony Hegarty ed i suoi Johnsons, band atipica nel panorama musicale contemporaneo che miete consensi quasi unanimi tra gli addetti ai lavori ed il pubblico.

La parola fatica descrive perfettamente il lavoro del Nostro, il quale riesce a trasferire nei brani la sofferenza ed il travaglio interiore accumulati nel corso di una vita difficile, complicata, nella quale ogni identità ben definita pareva mancare di una caratteristica fondamentale per rappresentare appieno l'essenza di quell'individuo dal corpo ingombrante ma dai modi eterei.


Dietro ogni album pubblicato si celano lunghi periodi di esplorazione interiore, di trasformazione estetica ed interiore, di ricerca espressiva. Tre dischi in nove anni sono sintomatici del desiderio di focalizzare perfettamente ogni spunto artistico, nulla è lasciato al caso. Nonostante lo status di artista di culto, che l'ha portato a collaborare con una lista interminabile di colleghi, Hegarty non ha cambiato di una virgola il proprio approccio alla musica, allineando tre album che mantengono continuità nei temi e rigore intellettuale nella proposta.


Nessuna altra immagine di copertina avrebbe potuto rappresentare meglio ciò che viene percepito durante l'ascolto dei brani: un senso di attesa, di disagio interiore, quasi si fosse di fronte al destino, che ci fa nascere, crescere, morire e poi rinascere di nuovo, un circolo di purificazione ed espiazione, che la voce languida e viscerale di Antony esprime in un linguaggio universale che arriva dritto allo stomaco. Toni di grigio, bianco e nero, contrasti, luci ed ombre, gli stessi che si ritrovano nella splendida posa di Kazuo Ohno, danzatore giapponese al quale Hegarty ha voluto dedicare l'album. 


E' difficile restare indifferenti di fronte alla profondità ed alla sensibilità che permeano l'interpretazione di questi brani. Dall'iniziale, delicata, Here Eyes Are Underneath The Ground, alla bellissima Another World, già pubblicata sull'EP omonimo, passando per l'arpeggiata One Dove, la ritmata Kiss My Name, la suggestiva Daylight And The Sun, per finire con la soffice Everglade. Disco non facile, da metabolizzare con diversi ascolti, pieno di fascino ed arrangiamenti strepitosi, opera di Nico Muhly, compositore e arrangiatore che, all'ormai collaudato impianto piano/chitarre acustiche, apporta sonorità disturbanti ed architetture orchestrali maestose, seppur minimali e mai invadenti. 


Su tutto si adagia la voce incredibile di Antony, vero suono delle emozioni, che unisce paure e speranze, gioia e malinconia, uomo e natura, in un vortice di sensazioni difficilmente descrivibili a parole. Da ascoltare.