lunedì 1 settembre 2008

John Mayer – "Where The Light Is – Live in Los Angeles" (Sony)


Pubblicato anche sotto forma di DVD (per la regia di Danny Clinch), questo nuovo lavoro a firma del talento chitarristico statunitense, chiude una sorta di trilogia live, cominciata nel 2003, con il discreto Any Given Thursday, e proseguita nel 2005, con il potente Try!

Where The Light Is, registrato al Nokia Theatre di Los Angeles, nel corso del fortunato tour a supporto dell’ultima prova di studio, quel Continuum (2006) che ha rafforzato negli USA lo status di superstar del 31enne axeman di Bridgeport, è senza ombra di dubbio un buon lavoro, certamente superiore ad Any Given Thursday, forse un gradino sotto rispetto a Try!, il quale risultava più continuo e omogeneo, anche/soprattutto per merito del contributo ritmico offerto dal basso di Pino Palladino e dalla batteria di Steve Jordan, fautori di un suono sporco e potente, che ben si adatta alle composizioni di Mayer.


Chitarristicamente il Nostro si dimostra sempre più a suo agio, unendo tecnica pregevole a gusto e misura; il limite va cercato forse nell’approccio compositivo, che manca spesso di quel qualcosa in più che potrebbe rendere i brani originali dei capolavori.

Entrato ormai in pianta stabile nel carrozzone di Crossroads, vetrina dei migliori esponenti delle sei corde voluta da Eric Clapton, Mayer ha finora dimostrato più talento come strumentista ed interprete che come autore, ma il tempo è dalla sua e le ultime prove di studio fanno ben sperare.


Diviso in tre parti, questo doppio CD ci regala due ore di Mayer-style, in tutte le sue sfaccettature. Apre un set acustico, invero poco incisivo, cinque pezzi, tra i quali si fa apprezzare la riuscita rilettura della splendida Free Fallin’, dal repertorio di Tom Petty. Mayer la fa sua senza mezzi termini. Quando il disco pare avviato verso una continuità di basso profilo, ci pensano Palladino e Jordan a dare una scossa, grazie a granitiche pulsazioni funk ed iniezioni di blues che paiono finalmente risvegliare da un malcelato torpore anche il leader, il quale finalmente dà fuoco alle polveri, spolverando per bene le chitarre. 


Set in power trio poderoso ed elettrizzante, mette in fila Everyday I Have The Blues, Who Did You Think I Was, Good Love Is On The Way e Out Of My Mind, nonché la ottima rilettura della hendrixiana Bold As Love, solo per citare i brani più rappresentativi, (alcuni già presenti su Try!). Il terzo set vede Mayer circondato da una band allargata, con fiati e tastiere ad affiancare il trio nella riproposizione dei brani tratti da Continuum. In questi le influenze soul ed il gusto per l’improvvisazione si fanno più presenti. 


Tra le altre possiamo citare le ballate Slow Dancing In A Burning Room e I Don’t Trust Myself, le toste Gravity e Belief, l’ottima Why Georgia e la conclusiva I’m Gonna Find Another You.

Tirando le somme di queste due ore di buona musica, dobbiamo constatare quanto sia palese la superiorità del Trio, Mayer sembra avere davvero una marcia in più in quel contesto. Ovviamente la popolarità guadagnata negli Stati Uniti (da noi è conosciuto quasi esclusivamente per i flirt con le star di Hollywood) ne influenza le scelte stilistiche, portandolo spesso a vestire la propria proposta con abiti più “easy” di quanto probabilmente vorrebbe. 


Le influenze blues e soul sono palesi, la voce va migliorando con gli anni ed a livello strumentale siamo certamente di fronte ad un talento strepitoso. L’aiuto in studio di un buon produttore ed un po’ più di coraggio nel proporsi senza troppe strizzatine d’occhio al mercato, potrebbero regalare grandi risultati. Una promessa ancora da mantenere, ma siamo sulla buona strada.