venerdì 15 dicembre 2023

Harp - Albion (Bella Union)

 



di Chris Airoldi

Gradito ritorno quello di Tim Smith, ex-vocalist e principale autore dei texani Midlake, band che a seguito della dipartita del leader ha alternato uscite molto buone a momenti decisamente interlocutori e tuttora è alla ricerca di un colpo di reni che la faccia uscire da un preoccupante stallo creativo.

Smith si è invece preso tutto il tempo, una decina di anni buoni, per creare insieme alla compagna Kathi Zung il progetto Harp, artefice di un lavoro che farà felici i fans del combo da Denton ma anche coloro che amano le atmosfere intrise di malinconia e le reminescenze di certo soft-rock degli anni '70 e '80 che, va detto, trovavano ampio spazio già nei lavori della band, la quale ha sempre palesato una propensione per certi suoni, più europei che americani.

Ecco dunque 12 brani nei quali a farla da padrone è ovviamente la voce ora dolcemente eterea ora lascivamente lirica di Smith, che molto spesso è doppiata o triplicata con quel pizzico di dissonanze sparse che da sempre fanno parte del lessico del musicista texano insieme ai temi agro-dolci dei testi, ancora incentrati sulla difficoltà dell'essere umano e sulla ricerca di una sorta di redenzione dai passi falsi che la vita ci porta inesorabilmente a fare.

Si potrebbe pensare che ispirazione e temi abbiano dato vita ad un album dalle tinte invernali e dalle atmosfere fredde; in realtà, al di là della copertina e di una certa iconografia medioevale utilizzata, il lavoro ci trasporta in una dimensione avvolgente che sfugge dal pessimismo o da qualsiasi emozione negativa, per mantenerci in una sorta di caldo giaciglio in cui regna una sognante consapevolezza.

I suoni sono accuratamente centellinati, non ci sono guizzi dinamici o vibranti colpi di scena, ma un insieme solido di brani che all'impatto sonoro privilegiano quello emotivo. Dalla splendida apertura con la strumentale The Pleasant Grey, che con un gioco di pitch va a trasfigurare nel brillante singolo I Am the Seed, brano sicuramente tra i migliori dell'anno, si arriva fino alla ritmata ballata onirica A Fountain, per un trittico iniziale di straordinaria bellezza.

Daughters of Albion è una cadenzata soft ballad forse un tantino più risaputa di ciò che la precede, ma è un buon viatico per la successiva Chrystals, tanto lieve quanto breve episodio, che ha nel DNA l'essenza di ciò che erano i Midlake di Tim Smith: purezza e inquietudine. Country Cathedral Love si regge su un arpeggio semplice ed efficace e su un morbido tappeto di voci, ha un andamento quasi da mantra e assieme alla successiva Shining Spires costituisce il cuore di questo lavoro, in un connubio di luci ed ombre molto suggestivo.

Silver Wings ci riporta nei territori cari ai Midlake; è un brano che non avrebbe affatto sfigurato nella tracklist dello splendido 'The Trials of Van Occupanther' (2006), così come il seguente Seven Long Suns, nel quale la voce e il flauto si rincorrono su territori brumosi per poi affacciarsi su un ritornello con le voci dominanti, gran pezzo. Moon è un altro strumentale che mantiene alto il pathos del lavoro accompagnandoci verso i due brani finali. 

Throne of Amber, ritmato e ossessivo, con quel peculiare suono di chitarra che per una scelta di arrangiamento forse un po' avventata mette in ombra la vocalità di Smith, ha bisogno di più ascolti per essere apprezzato. Herstmonceux si apre invece con un coro registrato in una cattedrale scozzese e chiude il cerchio riprendendo il testo di I Am the Seed con lo splendido verso finale "quietly the sorrow flees from me, bright as day the soul no longer grieves" che ribadisce il senso di questo lavoro, l'intenzione dell'autore di scavare nel profondo dell'ascoltatore, per trarne una morbida sensazione positiva che riscaldi questi tempi freddi e bui. (8,5/10)

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