lunedì 25 febbraio 2019

The Gloaming - 3 (Real World)



di Chris Airoldi

Terzo lavoro, ancora una volta sotto l'egida della benemerita Real World, per l'interessante combo irlandese/americano, fautore di una musica minimale e cameristica difficilmente incasellabile, in bilico com'é tra fascinazioni folk tradizionali e slanci in direzione di un personale linguaggio contemporaneo, non sempre di facile assimilazione ma certamente carico di un fascino fuori dal tempo, dai tratti unici e riconoscibili, in primis grazie allo straordinario violino di Martin Hayes e alla epica voce di Iarla Ó Lionáird.

Registrato nei rinomati Reservoir Studios di New York, con la produzione del pianista Doveman aka Thomas Bartlett -il quale oltre ai lavori come membro della band ha prodotto diversi album firmati da Sufjan Stevens, Glen Hansard, St.Vincent, solo per citarne alcuni- e le sapienti mani al mixer del sound engineer Pat Dillett (David Byrne, The National, Laurie Anderson), '3' si inserisce nel percorso di ricerca delle radici a ritroso ma con un'ottica moderna, intrapreso coi lavori precedenti, alternando composizioni strumentali a brani cantati in inglese e gaelico. 

L'impianto è ben rodato: il pianoforte di Bartlett e la chitarra di Dennis Cahill costituiscono le fondamenta del suono, creando un'alternanza di frasi tra ripetitivi ostinato e fluidi giochi melodici, su cui si inseriscono il violino di Hayes e l'hardingfele di Caoimhín Ó Raghallaigh, ora con appassionanti botta e risposta o veementi progressioni soliste, ora semplificando la propria presenza a sostegno della splendida voce di Ó Lionáird; voce che in questo lavoro raggiunge le proprie vette, sia quando regge quasi in toto il peso del brano, come nella epica iniziale The Weight of Things, sia quando si inserisce maggiormente nel tessuto sonoro del gruppo, come nella delicata Reo.

La forza nella musica dei Gloaming sta proprio nella grande capacità di alternare momenti di pathos estremo a svolazzi quasi impalpabili, con grande rispetto per le origini di un suono chiaramente irish ma reinterpretato con uno sguardo aperto e per nulla accademico, un approccio che può trovare terreno fertile nel cuore dell'appassionato del folk greve che si può ascoltare in un fumoso pub di Dublino, così come nell'anima di un cultore della musica da camera, classica o meticcia, di artisti come Arvo Part o Penguin Cafe. 

Composizioni come la cadenzata The Pink House, la svelta The Old Road to Garry o la leggera The Lobster, sono una vera e propria boccata d'ossigeno per gli amanti della musica strumentale che non eccede nell'intellettualismo fine a sé stesso, ed assieme alla marziale The Song of The Glens, la grave My Lady Who Has Found The Tomb Unattended e la già citata The Weight of Things, formano un continuum drammatico tanto potente nell'espressione quanto essenziale nella forma, un'opera come detto non semplice da approcciare ma che merita tempo e grande attenzione. (8/10)