di Luca Salmini
C'è una grande tristezza nella consapevolezza che per ovvi motivi,
non ci saranno altri dischi dei Willard Grant Conspiracy dopo 'Untethered' e se da un lato non è possibile non tenerne conto,
dall'altro va sottolineato che non si tratta del classico raschio del
barile che caratterizza buona parte delle pubblicazioni postume.
Robert Fisher se n'è andato il 12 febbraio del 2017 senza tanto
rumore e con poche lacrime ed 'Unthetered' è il meritato omaggio
alla sua memoria: un disco a cui l'artista stava già lavorando
quando ha scoperto la malattia e che il violinista David Michael
Curry, il più stretto collaboratore negli ultimi tempi, ha
portato a termine dopo la sua triste scomparsa.
E' inevitabile
pensare allo spirito con cui Fisher ha composto queste canzoni e
facile ricollegarlo all'infinita tristezza e al sospiro di dolore che
pervadono canzoni come Chasing Rabbits e come la commovente
Love You Apart, se non all'urlo di rabbia di Hideous Beast
capace perfino di evocare il ruvido post punk dei Birthday Party. Il
feeling che si respira nelle canzoni di 'Untethered' è quello
degli ultimi volumi degli American Recordings di Johnny Cash e il
senso di tragedia quello che avvolge le ballate di Nick Cave, due
artisti che sono sempre sembrati qualcosa in più di una semplice
influenza per la musica dei Willard Grant Conspiracy, formazione
emersa negli anni '90 sull'onda dell'alternative country e
sopravvissuta al declino del genere proprio in virtù di una forma
canzone e di una sintassi musicale molto personali.
Ad eccezione
della rauca e già citata scheggia di elettricità di Hideous
Beast, 'Untethered' è uno dei lavori più quieti e
musicalmente parchi della storia dei Willard Grant Conspiracy: qui e
là balenano i lampi di una chitarra elettrica, i colpi di un tamburo
o le cadenze di un pianoforte, ma per lo più bastano la voce sempre
intensissima ma a tratti inevitabilmente più fragile di Robert
Fisher, la sua chitarra acustica e il violino di Curry per celebrare
questo amaro e profondo preludio alla dipartita. Sono ballate lente,
poetiche e pensose, sospese tra le tradizioni degli Appalachi e la
solitudine della canzone d'autore, quelle che compongono 'Untethered': episodi toccanti e bellissimi come la titletrack,
la ritmata Do Not Harm, la scenografica Let The Storm Be
Your Pilot, l'elegiaca I Could Not, la dolcissima Saturday
With Jane o l'epitaffio strumentale di Trail's End. Non
c'è alternativa alla perdita di Robert Fisher e non c'è futuro per
i Willard Grant Conspiracy, ma almeno 'Untethered' li consegna
alla storia come quella grande band che sono sempre stati. (8/10)