di Luca Salmini
“...Una band senza ego, senza
intelletto, che è l'unico modo di ottenere una rock'n'roll band...”
dichiarava Suzi Quatro nel corso di un'intervista citata da Simon
Reynolds nel suo ultimo libro Polvere di Stelle:
un'affermazione che i chitarristi Nick
Cobham e Graeme Walker e il bassista Kyle Cunjac
sarebbero pronti a smentire, visto che è proprio dall'unione delle
loro menti, delle loro personalità e del loro diverso approccio al
songwriting che è nata un'esperienza come The Olympic Symphonium,
formazione canadese ormai attiva da oltre un decennio. Sarà che gli
Olympic Symphonium assomigliano più ad un circolo letterario che ad
una rock'n'roll band o magari i tempi sono cambiati da quando Suzi
Quatro rilasciava quella dichiarazione, sta di fatto che la
combinazione di diverse individualità diventa quasi la chiave
stilistica e uno dei pregi dell'interessante ensemble canadese, che
si completa con l'aggiunta della batteria di Bob Deveau e
delle chitarre, del banjo e della lap steel di Dennis Goodwin.
L'impressione è che la musica degli Olympic Symphonium scaturisca
dal lavoro di tre anime distinte e tre diverse voci, lo si percepisce
quando si ascoltano le innumerevoli sfaccettature, le molteplici
dinamiche e le mille sfumature che compongono Beauty In The
Tension, quinto album lungo della band, dove paiono intrecciarsi
le atmosfere narcotiche dei Low, le aperture space dei primi My
Morning Jacket, le visioni sognanti dei Mercury Rev e l'alternative
country dei Wilco prima maniera.
Sulla carta potrebbe sembrare un
pasticcio senza logica, ma in realtà le cose vanno a meraviglia in
Beauty In The Tension perchè il mood e la filigrana
prevalentemente elettroacustica del folk rock degli Olympic
Symphonium tengono insieme un disco in cui a momenti sembra di
trovarsi smarriti in un deserto lynchiano (la splendida e visionaria
Look At Her Now), pare di ascoltare una riscrittura di Turn
The Page di Bob Seger da parte dei Fleet Foxes (l'incantevole
Choral Voices) oppure di riassaporare gli aromi fragranti
delle corali west coast dei seventies (la deliziosa Glory Of
Love).
Nonostante la natura morta in copertina, Beauty In The
Tension è un disco estremamente vivo se non proprio vivace,
affascinante quando non eccitante, almeno a giudicare dal tenore di
ballate che fluttuano sull'onda morbida dei tempi medi come la
romantica The Middle, una solare melodia pop che pare
echeggiare da qualche spiaggia delle Hawaii; come la sinfonica e
bellissima Comedy, la languida Careful, il scenografico
post rock di In With The Camera o l'elegante soul di Lost
In The Party. Sospeso tra dilatati stacchi melodici, sofferte
bolle di malinconia, derive lisergiche e rurali arie folk rock,
Beauty In The Tension è probabilmente il lavoro più
articolato e maturo degli Olympic Symphonium, un collettivo che ha
tutte le carte in regola per diventare la next big thing del panorama
musicale canadese e non solo. (7,5/10)