domenica 4 giugno 2017

Recensioni Brevi: Alt-J, Benjamin Booker

Alt-J - Relaxer (Atlantic)













C'é una sorta di spirito bambinesco nella musica del pluripremiato trio inglese che, se da una parte può essere considerato conseguenza di una libertà creativa che porta a percorrere strade originali spesso molto interessanti, dall'altra rende il gruppo un bersaglio perfetto per coloro i quali amano utilizzare stereotipi in rappresentanza delle istanze di genere, in questo caso l'indie-rock dei nostri giorni. La band nata tra i dormitori dell'Università di Leeds riesce a racchiudere nel proprio suono gran parte degli stilemi prediletti dalla generazione post-millennials e questo terzo lavoro in studio prosegue nella definizione di uno stile molto personale, in cui si cerca di dare spazio ad ogni impulso, senza mettere alcun paletto alla creatività. Registrato a Londra, con l'aiuto del fidato produttore Charlie Andrew, 'Relaxer' condensa in poco meno di quaranta minuti una moltitudine di sonorità e linguaggi senza risultare sconclusionato o discontinuo; certamente necessita di uno sforzo di ascolto plurimo ma in breve tempo riesce a convincere per la coerente varietà dei temi. La band non si fa mancare nulla: dall'ambient fascinoso di 3WW alla potenza espressiva dell'inquietante In cold blood, passando per l'involuto garage-rock di Hit me like that snare e l'ansiogeno incedere di Deadcrush. Spazio anche per momenti più meditati, come l'insidiosa cover della abusata House of the rising sun, epica nell'ondeggiare oceanico di una marea di chitarre, o come l'eterea Last year, composizione che rende giustizia alla maturità artistica della band. (7,5/10) 


Benjamin Booker - Witness (ATO)













Reduce da una permanenza in Messico che lo ha portato a riflettere su quanto ancora gli Stati Uniti siano lontani dal debellare un endemico razzismo che, soprattutto di questi tempi, pare serpeggiare pericolosamente tra società, politica e cultura, il 27enne songwriter dalla Virginia pubblica questo secondo sforzo discografico, un album interessante, ricco di contenuti. Booker, oltre ad essere un cantante dalla vocalità aspra molto riconoscibile, è un autore decisamente dotato, in grado di spaziare tra le influenze con naturalezza e credibilità. Da solide fondamenta blues si erge un tessuto sonoro vintage, profumato di gospel e soul, imbastardito da frequenti incursioni rock. Su tutto l'espressività della voce, a dare sostanza a testi decisamente impegnati, fortunatamente privi di disillusione o violenza retroattiva ma in qualche modo propositivi e carichi di speranza. E' un soul che spesso parte per la tangente, in bilico tra passato e presente, legato alla grande tradizione della black music ma meticcio nel lessico, figlio dell'esperienza musicale della strepitosa Mavis Staples (ospite del disco) e di un personaggio oggi fondamentale come Jack White, oltre che delle istanze letterarie di autori come Richard Wright o James Baldwin. Witness, Motivation, Believe e Thruth is heavy sono grandi brani, il resto è ampiamente sopra la media. (7,5/10)