sabato 20 maggio 2017

Recensioni Brevi: Little Steven, Los Straitjackets

Little Steven - Soulfire (Universal)













Il compagno di merende preferito del Boss molla per l'ennesima volta il posto da comprimario, questa volta non per recitare in qualche strambo serial televisivo ma per pubblicare, assieme ai fidi Disciples of Soul, il sesto album in studio di una carriera solista che certamente non si può criticare per eccesso di prolificità. Steven Van Zandt non è un personaggio al quale sono mancate le soddisfazioni: il ruolo fondamentale nella E Street Band, il successo in veste di attore in serial come The Sopranos o Lilyhammer e tante collaborazioni artistiche importanti, il tutto condito da un apprezzato impegno sociale. Finalmente, a quasi vent'anni dall'ultimo lavoro in studio, arriva anche un disco importante, nel quale Van Zandt inserisce versioni rivedute e corrette di una manciata di canzoni scritte per Southside Johnny, Gary US Bonds e Jimmy Barnes, più qualche cover presa dal repertorio di James Brown, Etta James ed Electric Flag. Dell'album non stupisce tanto la forma, quanto la sostanza: Little Steven pare in grandissima forma e gli arrangiamenti sono sontuosi, soprattutto per ciò che riguarda la potente sezione fiati, vera spina dorsale del lavoro. Un disco che si fa ascoltare con grande piacere, i fans dello Springsteen più incisivo lo adoreranno. Pezzi migliori: I'm coming back, Some things  just don't change e Standing in the line of fire. (7,5/10) 


Los Straitjackets - What's so Funny About Peace, Love and Los Straitjackets (Yep Roc)













Reduce dal successo ottenuto sui palchi del Quality Holiday Revue Tour, il quintetto di revivalisti mascherati decide di tributare un simpatico omaggio surf a Nick Lowe, pubblicando questo divertente album nel quale reinterpreta alcune delle migliori composizioni firmate dal cantautore del Surrey. Il genere è quanto mai abusato ma la band da Nashville ha un talento innato per uscire indenne da questo tipo di sfide, grazie ad una freschezza per così dire "ingenua" nell'approccio ai brani e alla capacità di rielaborare in maniera intelligente il repertorio altrui, senza strafare ma imprimendo un deciso marchio di fabbrica. L'attitudine pop nel songwriting di Lowe è il perfetto pretesto per operare un trattamento-surf a brani come l'anthem song che ha ispirato il titolo della raccolta, trasfigurata in chiave tex-mex, I live on a battlefield, che pare uscire dritta dritta da un album dei Ventures, o Shake and pop, che in questa versione sarebbe la sigla ideale per un serial poliziesco dei '60. Come detto non si tratta di inventare nulla di nuovo, solamente prendere una manciata di brani e renderli adatti ad un party in spiaggia, usando i soliti ingredienti: chitarre twangy, batteria saltellante e suoni vintage. Il risultato puzza forse di già sentito ma è dannatamente divertente. (7/10)