lunedì 27 febbraio 2017

Father John Misty - Pure Comedy (Bella Union/Sub Pop)


Joshua Tillman pare avere un'urgenza narrativa inarrestabile. Molto spesso questa si manifesta in forma di strampalati tentativi di comunicazione, come successo lo scorso mese di Luglio, in occasione di un festival in New Jersey promosso dalla stazione radio WXPN, con il pubblico testimone di un concerto che il nostro ha preferito trasformare in un breve, sconclusionato comizio sulla stupidità che, a suo modo di vedere, fa girare il Mondo. Oppure come nel caso dello scritto che accompagna l'album: una disquisizione di oltre 1800 parole in cui Tillman descrive il lavoro come un concept-album sulla dipendenza della specie umana dalle idee di amore, cultura e famiglia.

Questa sorta di detonante confusione artistica è una delle cifre stilistiche di Father John Misty, la nemesi che ha scientemente fatto tabula rasa di quanto prodotto dal cantautore del Maryland con il vecchio moniker J.Tillman. Mescolando senza troppa premeditazione ironia pungente, sperimentazioni elettroniche, momenti acustici e un caleidoscopio di generi, Tillman/Misty ha cercato di destabilizzare il pubblico con lavori estremamente eterogenei, mettendo in naftalina il barbuto e melanconico menestrello, per sostituirlo con un moderno e imprevedibile crooner pop. 

Con i due album precedenti (Fear Fun, 2012, e I Love You, Honeybear, 2015, entrambi su Sub Pop), Tillman ha ricevuto critiche molto positive un po' ovunque; ci si aspettava dunque un terzo album che confermasse quanto scritto in precedenza ma che definisse in modo chiaro la personalità dell'artista, troppo spesso ambigua e difficilmente decifrabile. Questo Pure Comedy chiarisce finalmente tutti i dubbi; è un album anche questa volta vario e senza un preciso filo conduttore musicale, nel quale sonorità e influenze emergono in maniera convincente, anche grazie alla bontà delle composizioni, tutte di ottimo livello.

Tillman chiede ancora una volta aiuto al genio di Jonathan Wilson, già dietro le quinte negli album precedenti, e coinvolge il talentuoso contrabbassista Gavin Bryars. L'impianto è anni '70, con pianoforte e tastiere in primo piano, coadiuvate da archi arrangiati con gusto, a sviluppare armonie ben strutturate nella loro semplicità, con un sapore intenso che a volte ci trasporta verso atmosfere british, con echi di Beatles, nel dualismo Lennon/McCartney, e del migliore Elton John, spesso riportando alla mente quanto fatto qualche anno fa da John Grant in compagnia dei Midlake, per l'album Queen of Denmark.

Un disco forse un tantino lungo, qualche brano in meno ci avrebbe regalato un capolavoro. Siamo comunque di fronte ad almeno sei-sette grandi brani. Per citarne alcuni: la title-track, con un'intro caotica che si apre a languida ballata pianistica, nella quale la voce decisa di Tillman sperimenta interessanti armonie, fino all'entrata della ritmica. Total entertainment forever, movimentato up-tempo con una bella ritmica e un sapido solo di sax finale; Things it would have been helpful to know before the revolution, bella ballata di stampo Lennoniano. 

La splendida Leaving LA, con un'orchestrazione molto suggestiva, la psichedelica Smoochie, l'ennesima ballatona di ampio respiro So I'm growing old on magic mountain e la conclusiva In twenty years or so, dal bel tempo terzinato, chiudono il lotto delle migliori. Father John Misty e compari portano a casa un lavoro completo, nel quale è palese la maturità raggiunta dall'artista di Rockville. Un posto tra i migliori dell'anno è già assicurato. (8/10)