di Luca Salmini
“...Gli irlandesi sono i più
negri d'Europa...”, lo dicevano già i protagonisti di The
Commitments, il celebre film di Alan Parker del 1991, ed è
quello che viene in mente ascoltando 'Stereoscope', il nuovo
album di Marty O'Reilly and the Old Soul Orchestra, che in realtà
vengono da Santa Cruz in California, ma a giudicare dall'etimologia
del nome, sembrano l'ultima delle tante generazioni di immigrati
irlandesi in America. Una supposizione che non ha chiaramente
intenzioni razziste, ma che rappresenta il maldestro tentativo di
spiegare l'origine di tutto quel calore soul che esala dagli
affascinanti chiaroscuri della voce di O'Reilly e la presenza degli
spettri di Robert Johnson, Sam Cooke e Bessie Smith che balenano tra
le note di 'Stereoscope', terzo lavoro di studio della
formazione californiana, in cui folk, blues, jazz, country e soul si
intrecciano un po' come succedeva nei primi dischi di Ray Lamontagne
o magari nella serata conclusiva del Mardì Gras.
Che Marty
O'Reilly alla voce e alla chitarra, Chris Lynch al
violino e alle tastiere, Ben Berry al contrabbasso e Matt
Goff alla batteria e alle percussioni siano dei fanatici della
musica delle radici come potrebbero esserlo gli Old Crow Medicine
Show, lo si intuiva già dal ruvido e basico rollio country-blues del
precedente 'Pray For Rain', ma quattro anni più tardi, pur
confermando i punti di riferimento, 'Stereoscope' evidenzia
un'evoluzione straordinaria nel suono della band, sia a livello
compositivo, con liriche più profonde e personali, sia per quanto
riguarda gli arrangiamenti, molto più strutturati, articolati e
decisamente originali, tanto nel modellare il lato seducente di una
ballata soul quanto nel celebrare l'elegiaco crescendo di una
sinfonia folk.
La misura di quanto accaduto negli ultimi quattro anni
e della importante maturazione della band potrebbe incarnarla la
straordinaria rilettura di Hard Time Killing Floor di Skip
James, una canzone che di per sé mette i brividi e che Marty O'Reilly
and the Old Soul Orchestra interpretano con estro e personalità,
trasformandola in un magia voodoo sospesa tra le desertiche visioni
del blues maliano e il folk psichedelico della Incredible String
Band: un'autentica meraviglia che non è comunque un episodio isolato
in 'Stereoscope', perchè non sono meno emozionanti brani da
naviganti di stelle come l'iniziale e stupenda Firmament,
cosmici country-folk come l'incantevole Southern Road,
sontuose corali soul come l'intensissima Ghost e
l'ispiratissima titletrack, atmosferici blues come Let The
Wind In o spaziosi avant rock come l'ipnotica Spacehorse.
“...Abbiamo messo cuore e anima in questo album...”
dichiara Marty O'Reilly riguardo la realizzazione del disco e non c'è
alcun dubbio che sia andata proprio così, perchè 'Stereoscope'
trasuda ispirazione, dedizione e talento da ogni singola nota: un
piccolo capolavoro! (9/10)