martedì 26 settembre 2017

Recensioni brevi: Josh Ritter, Charlie Parr

Josh Ritter - Gathering (Pytheas/Thirty Tigers)













Artista a tutto tondo, capace di passare con disinvoltura dalla scrittura alla pittura alla composizione, Josh Ritter ha alle spalle una solida carriera ventennale, sempre rimasta un passo indietro rispetto alla grande fama ma comunque ricca di soddisfazioni e riconoscimenti, stranamente raccolti più nel Vecchio Continente che in patria. Questo nono album in studio muove i passi dalla recente collaborazione con Bob Weir per il fortunato 'Blue Mountain', album di cowboy songs che ha riportato dopo diversi decenni l'ex-Grateful Dead in studio in veste di solista, mostrando le ottime doti di autore e musicista di Ritter. Le tredici composizioni si spingono a fondo nell'esplorazione del suono Americana, con risultati il più delle volte apprezzabili, andando a costituire un album piacevole e riuscito quasi in toto. Weir restituisce il favore, mettendo voce e chitarra al servizio della bella ballad When Will I Be Changed, uno dei punti più alti di Gathering. Sono proprio le ballate il punto di forza dell'album, soprattutto quando Ritter le ammanta di fascinazioni notturne e spinge su una vocalità che irrompe come un fiume in piena sulle strutture musicali, come nelle splendide Dreams e Train Go By o nella pastorale Thunderbolt's Goodnight. Meno incisivi risultano i brani più ritmati, che nel loro saltellare country un po' fine a sé stesso risultano insipidi, dieci titoli sarebbero stati più che sufficienti a regalarci un disco da ricordare. (7/10)


Charlie Parr - Dog (Red House Records)













Seconda fatica targata Red House per il timido cantautore dal Minnesota, straordinario pizzicatore di Resonator e voce tra le più credibili nel folto gregge di figliastri della tradizione country-blues, che percorre le polverose strade americane, di locale in locale spesso per pochi dollari, sentendosi orgogliosamente parte di una comunità sempre a due passi dall'estinzione ma viva e scalciante fino all'ultimo. Charlie Parr porta con sé una ricetta semplice: il picking selvaggio di una rugginosa chitarra o di un banjo nervoso, la voce sofferta di chi tutti i giorni vive sulla propria pelle ciò che canta, e la capacità di rivitalizzare un genere antico con una penna ispirata. E questo disco entra sotto pelle al primo ascolto, regalandoci una quarantina di minuti di musica grezza e sgangherata ma tremendamente saporita e pregna di suggestioni di un'America che pian piano va scomparendo. Dall'iniziale splendida Hobo alla dimessa Sometimes I'm Alright, passando per la concitata I Ain't Dead Yet e la roboante Peaceful Valley, il disco ci trasporta nella dimensione di un artista dal grande talento, che ha scelto di percorrere il lato sconnesso della strada, quello che porta verso un crocicchio in mezzo al nulla, attorno al quale di notte si aggirano strani personaggi. (7,5/10)