venerdì 14 aprile 2017

Recensioni Brevi: Yorkston/Thorne/Kahn, Allred & Broderick

Yorkston, Thorne, Kahn - Neuk Wight Dehli All-Stars (Domino)

Progetto tra i più interessanti partoriti dalla scena musicale britannica, il trio formato dal chitarrista scozzese James Yorkston, in compagnia del contrabbassista inglese Jon Thorne (Lamb) e del sarangista indiano Suhali Yusuf Kahn, giunge al secondo album, a meno di un anno dall'ottimo debutto 'Everything Sacred'. La formula rimane invariata: folk albionico, jazz e musica classica indiana si legano in un interessante melting pot, ripieno di sfumature affascinanti e speziate, tra virtuosismi e contaminazioni melodiche. L'apporto di Kahn è ovviamente fondamentale nell'ampliare gli orizzonti delle composizioni, con Yorkston e Thorne che certamente non stanno a guardare ma forniscono prove di altissimo livello strumentale e compositivo. Il languido suono del sarangi si adatta perfettamente alle architetture ritmiche disegnate da chitarra e contrabbasso, creando il substrato nel quale si inseriscono le parti vocali di tutti e tre i protagonisti, con il bengali di Kahn assoluto protagonista. Brani da segnalare: Chori chori, vero manifesto dell'album, mistico e meticcio,  Bales, ballata delicata dal grande impatto emotivo, la movimentata False true piya, la commovente The blue of the thistle e la tenue The blues you sang. Un disco che colpisce nel profondo, confermando la grandezza di questo peculiare progetto. (8/10)



Allred & Broderick - Find The Ways (Erased Tapes)

Duo nato di recente in casa Erased Tapes e formato da David Allred e Peter Broderick, ottimi musicisti e sperimentatori con diversi album solisti alle spalle, le cui forze si sono unite per la realizzazione di un lavoro nel quale la voluta ricerca di un minimalismo ai limiti dell'estremo si manifesta con una potenza espressiva inimmaginabile. Due voci, violino e violoncello, questo il parco strumenti messo in campo dai due, nell'elaborazione di composizioni che affondano le radici in un classicismo per nulla manieristico o banale ed esplorano lo spazio sonoro tra pianissimo e fortissimo distillando sfumature e dissonanze, sfruttando la capacità degli strumenti a corda di provocare emozioni profonde ed elaborando originalissime armonie vocali, non trascurando infine neppure una certa ironia di fondo che alleggerisce la apparente seriosità del lavoro. Nonostante la limitatezza dei mezzi a disposizione, i due portano a termine un album vario e decisamente affascinante, in grado di catturare l'ascoltatore imprigionandolo benevolmente in una sorta di estraniante bolla spazio-temporale. Brani come Living on a wire, The wise one, The ways I'm not crazy sono autentiche gemme che meritano un ascolto attento. (8/10)