venerdì 25 agosto 2017

Iron & Wine - Beast Epic (Sub Pop)


Ritorno tra le mura amiche di Sub Pop per il quarantaquattrenne cantautore dalla Carolina del Sud, con un album che recupera il Sam Beam della prima ora, quello minimale ed acustico di album come The Creek Drank the Cradle (2002) e Our Endless Numbered Days (2004). Sebbene negli ultimi lavori a firma I&W il nostro abbia mostrato una vivida vena compositiva e grande capacità nel gestire in studio suoni complessi ed articolati allo scopo di arricchire i brani con una moltitudine di sfumature, la cifra stilistica che i fans ancora apprezzano maggiormente è quella degli esordi, scarna e intimista, rivitalizzata di recente grazie alle raccolte di archivio ed al riuscito Love Letter For Fire, album pubblicato nel 2016 in coppia con la brava Jesca Hoop. 

Beast Epic, settimo album di studio per il moniker Iron & Wine, è una sorta di concept-album incentrato sullo scorrere del tempo, per il quale Beam crea un universo fatto di bestie in grado di esprimere emozioni umane, di luoghi della coscienza (e non) e di una esplicita malinconia, molto spesso scanzonata, che permea testi acuti e carichi di immagini poetiche. L'intenzione non è quella di fare da apripista verso nuovi orizzonti del folk moderno, ma semplicemente continuare sulle tracce di un percorso pregno di tradizione, gusto e creatività che ha portato il nostro a livelli di maturità e credibilità che pochi altri artisti possono vantare. 

Registrato in presa diretta tra il Luglio 2016 e il Gennaio 2017 da Tom Schick (Ryan Adams, Norah Jones) al Loft di Chicago, studio di proprietà degli amici Wilco, e masterizzato a Nashville da Richard Dodd (Tom Petty, Counting Crows), il disco vede dietro gli strumenti tre fidati collaboratori di Sam Beam: il tastierista Robert Burger, il batterista Joe Adamik e lo straordinario polistrumentista Jim Becker; in aggiunta il bassista Sebastian Steinberg (Fiona Apple) ed il violoncellista Teddy Rankin-Parker. 

La chitarra acustica, ripresa splendidamente, è ovviamente protagonista di tutti i brani, spesso circondata da pochi suoni a far da contrappunto, come nella timida Song in Stone o nella cupa The Truest Stars We Know, in altre occasioni inserita in contesti più strutturati, come l'ariosa Bitter Truth o la ritmata Call It Dreaming. Spazio anche per le fascinazioni younghiane di Summer Clouds e  per momenti più sperimentali, come la sincopata About a Bruise e la dissonante Last Night. E' un disco vario, nel quale i marchi di fabbrica del barbuto cantautore appaiono riconoscibilissimi, pur non lasciandoci alla fine delle tracce la sensazione di aver assistito alla ripetizione di una formula già fin troppo collaudata; i pezzi sono molto validi e il disco cresce ascolto dopo ascolto.

Un ritorno decisamente gradito, undici brani per trentacinque minuti o poco più di ottima musica da un autore ormai maturo, con all'attivo una discografia già di alto livello ma chiaramente in grado di regalare ulteriori soddisfazioni nel prossimo futuro. Molto interessante la versione deluxe in vinile colorato rosso e blu che contiene cinque brani bonus dei quali parleremo a breve. (8/10)