Neil Young è fatto così: registra instancabilmente un album dietro l'altro, seguendo imperscrutabili variazioni del proprio umore. Questo modus operandi lo ha portato in alcune occasioni a pubblicare lavori poco ispirati, finendo per lasciare nel proverbiale cassetto piccoli gioielli ai quali il passaparola dei fans ha conferito, col passare del tempo, un'aura quasi mitologica. Per fortuna ogni tanto il Vecchio Bisonte mette mano agli archivi e soffia via la polvere dalle bobine accatastate. Ecco dunque questo Hitchhiker, dischetto minimale rimasto a far la muffa per oltre quarant'anni ed arrivato sugli scaffali un po' a sorpresa in questo ricco, almeno discograficamente parlando, ultimo scorcio di Estate.
La formula è semplice e affascinante: l'11 Agosto 1976, in una notte di luna piena, David Briggs e Neil Young si rinchiudono nell'Indigo Ranch di Malibu, con l'intenzione di scrivere e registrare l'ossatura di nuove composizioni; la penna di Young è particolarmente ispirata ed in breve i due si ritrovano per le mani una manciata di brani fatti e finiti, pronti per essere pubblicati così come sono, scarni e semplici, chitarra, voce, piano e armonica. Li propongono alla Reprise che, pur essendo in ottimi rapporti con l'artista, non pare mostrarsi troppo entusiasta, per cui, come accaduto in diverse altre occasioni, non essendo completamente soddisfatto della propria performance alterata da qualche droga di troppo, Young asseconda i discografici e ripone a tempo indeterminato i nastri sullo scaffale.
La gran parte dei brani, in forma più o meno arricchita da overdubs, finirà nelle tracklist dei dischi successivi, con alterne fortune. Due composizioni rimarranno invece inedite fino all'uscita di questo lavoro: la sincopata Hawaii, che suona come un demo a tutti gli effetti, con la classica pennata sulla sei corde di Young un poco imprecisa e un finale troncato, e la folkie Give Me Strenght, eseguita dal vivo in qualche occasione ma mai pubblicata. Il resto è storia: dalla amatissima Pocahontas alla classica Powderfinger, passando per Ride My Llama, tutte finite su 'Rust Never Sleeps'. Captain Kennedy è praticamente la stessa che ritroviamo in 'Hawkes and Doves', così come Campaigner, da 'Decade'. La title-track è invece rimasta a decantare per oltre trent'anni, prima di trovare posto sul capolavoro 'Le Noise' (2010).
Comprensibilmente, pubblicare un disco totalmente acustico e così scarno, all'epoca poteva sembrare una mossa commerciale poco avveduta; ma in tempi di magra come quelli che stiamo vivendo, un lavoro come questo è oro puro per i fans e non solo. A settantun anni suonati Young è ancora in grado di dire la propria ed ha nel cassetto centinaia di composizioni che speriamo prima o poi vedranno la luce, per ora godiamocelo trentenne e un po' sballato, in queste splendide registrazioni che l'esperto John Henlon ha ripulito e rinfrescato, con quella voce unica, le sue splendide chitarre e dieci grandi canzoni. (8,5/10)